È notizia di questi giorni l’unione di varie sigle di associazione di agricoltori e allevatori che si sono finalmente uniti per fare valere i loro diritti in modo corale: Bene, era ora.
Da quanto si legge e si ascolta in varie interviste che naturalmente, non appaiono nel Mainstream, le proteste vertono specialmente sulle limitazione di Bruxelles per le quote latte, limite di produzione, obbligo d’importazione di prodotti trattati con chimica tossica, etc.
Si parla anche di margini di guadagno insufficienti specialmente per le PMI che non sopravvivono ai costi di gestione e alla concorrenza sleale dei prodotti stranieri.
Sulle pagine dei quotidiani e sui Tg il Governo festeggia il risultato da record dell’agricoltura italiana raggiunto nel 2024 sbaragliando, con i suoi 42 i di € di fatturato la Francia (35 Miliardi) e la Germania (31,9 Miliardi), rivendicandone il merito e assicurando la continuità a proseguire nel sostegno di questo importante comparto.
Ma allora dove sta la verità?
Sembra che i dirigenti e i portavoce di queste associazioni stiano trascurando qualche dettaglio fondamentale per essere efficaci nella loro battaglia.
Come possono pensare di essere efficaci se la gente rimane confusa da questi dati contraddittori? Qui non si sta nemmeno parlando di marketing, ma di semplice chiarezza.
Solo chi ascolta attentamente i vari portavoce (per lo più oscurati dalle TV mainstream) in qualche video su FB o tg Youtuber e leggendo qualche post in qua e in là, si può fare una minima idea.
L’idea parrebbe che la “grande distribuzione” strozza i fornitori con prezzi al limite della sopravvivenza altrimenti si rivolgono a fornitori stranieri che non hanno vincoli di pesticidi, glifosato, ogm e altre porcherie dannosissime per la salute ma tenute oculatamente sotto il tappeto da chi propaganda i prodotti che vende: la grande distribuzione, appunto. Immagini di famigliole perfette e felici di andare comprare prodotti cancerogeni a costi assurdi offuscano qualsiasi controllo e analisi che le associazioni dei consumatori, quasi inesistenti e disorganizzate in Italia, tentano di pubblicizzare.
Parrebbe anche che solo i grandi latifondisti riescono a galleggiare, grazie ai numeri che riescono a fare, pur guadagnano pochi centesimi al kg di prodotto.
Parrebbe anche che nonostante Paesi come Israele, Tunisia, Marocco, Argentina, e altri ancora non appartenendo alla UE, che doveva privilegiare lo scambio dei prodotti all’interno della Unione, abbiano libero accesso senza alcun dazio, anzi, pure con agevolazioni, nei nostri mercati mentre i nostri produttori sono repressi e vincolati e contingentati.
Parrebbe anche che le leggi europee, di cui l’ultimo atto approvato durante la fine del Governo Renzi nel 2016 dal Parlamento Europeo e poi legislato dalla Commissione senza che i nostri rappresentanti proferissero parola, abbiano dato il colpo letale al made in Italy dando la possibilità a qualsiasi produttore alimentare della Ue di etichettare un made in Italy confezionando il prodotto in Italia. L’esempio classico sono le mozzarelle prodotte in Olanda con Vacche olandesi ma confezionate a Latina possono essere tranquillamente vendute come prodotte in Italia.
Da questi pochi, ma sostanziali punti, sorgono spontanee, almeno al sottoscritto, alcune domande:
1 Questa analisi, incompleta, probabilmente ancora superficiale, ma che comunque mi è costata alcune ore di studio e di raccolta d’ informazioni frammentarie, se non una persona interessata ai fatti, chi la fa?
2 Perché aspettare di scendere in guerra con trattori e associazioni (finalmente) unificate proprio ora quando i dati Istat sono favorevoli al comparto?
3 Perché protestare contro questo Governo che, bene o male, è il primo dopo tanti anni che ha fatto una politica favorevole per il comparto agricolo?
4 Perché nessuno si mosse quando nel 2016 Bruxelles promulgò quelle leggi italicide?
5 La guerra dei forconi non ha insegnato nulla?
Queste brave persone, perché questo sono oltre a essere una parte fondamentale dell’economia e del buon nome italiano, dovrebbero cominciare a capire che quando si fa una protesta, e di queste dimensioni, prima bisogna avere chiaro gli obiettivi, le proposte, il marketing.
Continuare a dire che la politica tradisce e scegliere delle tempistiche proprio quando i dati gli danno torto, è un suicidio.
Pensare che la gente capisca una protesta con queste contraddizioni, che spesso gli crea pure disagi, senza avere chiaro il perché ci sia, produce nemici o, quando va bene, indifferenza; sicuramente non produce amici.
Oggi le persone, specialmente in Italia, non leggono, hanno una capacità di concentrazione che si aggira attorno ai 3-5 minuti. Non lo dico io ma vari istituti e studi pubblicati.
La gente predilige leggere gossip e vedere il Grande Fratello che addirittura ha un canale tv dedicato che sopravvive allegramente.
Come si può pensare di portare avanti una giusta rivendicazione di una parte di un comparto senza fare prima una divulgazione di pochi concetti ma di fondamentale importanza?
Questo mio scritto non vuole essere un’accusa o un tentativo di umiliare persone che ce la stanno mettendo tutta: no, esattamente il contrario.
Io stesso ho partecipato e parlato al microfono di una manifestazione degli agricoltori a Bologna sotto le torri della Lega delle Cooperative in via Aldo Moro; figuriamoci se non ho a cuore questo tema.
Questa mia è una provocazione per cercare di organizzare e creare una sequenza logica di azioni e reazioni, a cominciare da capire bene chi è il vero nemico; e se fosse la grande distribuzione e/o gli stessi consorzi agrari e non questo Governo?
Massimo Gardelli