Conte contro tutti: M5S nel caos

giuseppe conte partito sistema paese

 

Il Movimento 5 Stelle (M5S) fu fondato a Milano, il 4 ottobre 2009 da Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio.  Raccoglieva l’esperienza del movimento Amici di Beppe Grillo, attivo sin dal 2005. L’atto costitutivo fu registrato il 18 dicembre 2012. Lo statuto, all’art. 3 comma a) /2 recita: “il Garante (ndr: Beppe Grillo) ha il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme del presente Statuto”. Il simbolo con le 5 stelle, in campo bianco, senza scritte, fu depositato presso l’Ufficio brevetti e marchi del Mise, da Grillo in persona.

Giuseppe Conte, da Volturara Appula, avvocato civilista, entra ufficialmente in politica il 1 marzo 2018 come potenziale ministro del Pubblica Amministrazione e della Meritocrazia, su indicazione del Movimento 5 Stelle. Diventa, subito dopo, il 1 giugno 2018, Presidente del Consiglio e, il 6 agosto 2021, Presidente del M5S.

Non c’è che dire. Una carriera scintillante da ignoto personaggio qual era; l’entrata in un partito, dal vertice, non è cosa di tutti i giorni: è un terno al lotto. L’ingresso di Giuseppe Conte in politica corrispondeva ad un consenso elettorale per il Movimento del 32,7%. In figura è mostrato l’andamento del consenso dalla nascita del M5S sino al 2019. Oggi il Movimento si attesta intorno al 13 – 14%.

La vita del M5S è stata sempre travagliata fra espulsioni, dimissioni, scissioni, lotte per il simbolo; ma tutto sommato il Movimento è riuscito a mantenere le posizioni, tanto che può fregiarsi di una collocazione elettorale come terzo partito italiano, prima di Forza Italia e Lega.

Ma che succede, oggi, nel Movimento? E’ fuori dubbio che esso non è più quello di Grillo e Casaleggio, che superò il 32% dei consensi. E’ altra cosa; tanto che Conte ha lanciato una Assemblea Costituente, che sarebbe meglio chiamare “Ricostituente”, da celebrarsi a ottobre. Fra i punti all’ordine del giorno c’è: Revisione dello Statuto per discutere dei ruoli del presidente e del garante, il nome e il simbolo del Movimento”.

Quale sarebbe la ratio di questo punto dell’o.d.g. se non quella di formalizzare chi comanda e di chi è il partito?

In pratica, una riformulazione delle regole del gioco.

La critica politica del Garante (Beppe Grillo) è esplicita: l’anima del Movimento non può cambiare. Esso, cioè, deve “rappresentare un’alternativa per tanti elettori, che non si riconoscevano né a destra né a sinistra”.

Quindi, è innaturale la entrata nel “campo largo” della Schlein; entrata che è stata recentemente suggellata con il cosiddetto “patto della birra”; ed è innaturale e contraria alla identità storica del Movimento la annunciata cancellazione del “vincolo dei due mandati”.

La sottile insofferenza di una volta, che correva fra Conte e Grillo, si è tramutata nella odierna guerra aperta. Non c’è possibilità di alcuna composizione: anche in questa guerra la diplomazia ha fallito.

Ma, in effetti, se si capisce un Beppe Grillo che non voglia snaturare la sua creatura, Giuseppe Conte che vuole?

E’ facile immaginare che voglia costruire un partito padronale però presentando la questione sotto lo slogan ipocritamente democratico, accattivante e pur insignificante, che proclama: “l’iscritto è sovrano”.

Questo sovranismo spunta da tutte le parti, quando è utile.

Se Conte ha deciso di fare il gran passo, vuol dire che ha la certezza di avere in pugno il Movimento. Ciò significa poter gestire a proprio piacimento il consenso interno e poter disporre delle carte giuste per distruggere, con determinazione e cinismo, ogni ostacolo, domestico e non, che possa disturbare la sua corsa verso il suo obiettivo: l’incoronazione.

Allora, ecco le “purghe interne”, come quella subita da Marta Matano, storica portavoce M5S a Napoli, improvvisamente bannata dalle chat del Movimento per aver espresso riserve sul Capo Clan; allora ecco, la incredibile lettera a Grillo: “Queste esternazioni sono del tutto incompatibili con gli obblighi da te specificamente assunti nei confronti del Movimento con riferimento sia alla malleveria sia ai contratti di pubblicità e comunicazione: ciò mi obbliga a valutare possibili iniziative dirette a sospendere l’esecuzione delle prestazioni”. In puro stile di diffida, minaccia e ricatto.

Ormai siamo agli avvocati e ai Tribunali. L’avvocato del popolo si è scatenato.

Conte, entrato in politica, per caso, senza tirocinio e sul “red carpet”, a seguito del più grave fra i tanti svarioni dell’ex capo politico del M5S (Luigi Di Maio) ormai dissipato nel nulla, ha la pretesa di ritornare ad essere lo statista del giorno nella disastrata politica italiana. Lo fa, impadronendosi di un edificio costruito da altri.

E da “solido proprietario immobiliare”, vuole dettare legge per disegnare un piano regolatore della città (il caotico “campo largo”), a suo proprio beneficio.

Oggi, cosa è il Movimento? Non si sa veramente. Si sa solo che si professa di sinistra senza però una chiara classificazione. Si sa che in esso convivono sentimenti di estremismo di sinistra con un clientelismo di stampo ex DC; un trumpismo con un populismo pacifista; un putinismo di sottofondo con il rifiuto delle armi; un buonismo di maniera con una solidarietà pelosa; … Il Movimento appare essere un soggetto bionico e tentacolare pronto a cogliere ogni opportunità, a seconda delle convenienze e capace di coniugare accattivanti sorrisi con preoccupanti obiettivi di potere.

E il fertile Sud è il terreno preferito.

Ecco nascere l’equivoco patto di ferro con la Schlein che, a sua volta, sta trasformando il PD, dal partito del lavoro e dei lavoratori, nel partito dei “diritti fallaci e ingannevoli ma ad ogni costo”. Ecco nascere la studiata sintonia con Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, di Alleanza Verdi e Sinistra (AVS), che sono i veri alleati e il grimaldello con i quali scalzerà la Elly dal ruolo di capo del campo largo; ecco il veto definitivo e sdegnato dei tre moschettieri (Bonelli, Conte, Fratoianni) alla alleanza con Renzi.

Eh! Si! Questo Renzi è pericoloso, per il progetto di Conte di conquisa del “campo largo” e di divenire l’indiscusso riferimento della Sinistra.

Perché? Ma perché se lo si imbarca, rischia di vincere proprio lui, Renzi.

E poi, c’è un odio viscerale di Conte nei confronti di questo soggetto che è capace di non morire mai perché sa manovrare molto bene nelle burrasche che organizza lui stesso. Quindi, mai con Renzi! Potrebbe andar bene Calenda con Azione perché non è furbo benché tignoso. Come si fa a scalzare la Elly Schlein? Nel più classico del machiavellismo.

Attivismo su diversi fronti: formale, credibile e pubblico patto di ferro con la futura vittima, ora Capoclan; attivo contributo alla politica quotidiana piddina contro l’odiata nemica Meloni che mai ha rinnegato il passato “fascista”;  qualche sapiente distinguo sempre in combutta con AVS) ; perseverante e onnipresente partecipazione agli eventi piddini come cortei, manifestazioni di piazza e Feste della Unità, sempre presidiati da una folta e attenta claque di attivisti per applaudire in standing ovation Conte, eroe ritrovato e il gioco è fatto.

Le referenze, poi, si mostrano e contano per l’opinione pubblica: ex Presidente del Consiglio, avvocato, esperto dei percorsi amministrativo burocratici, relazioni diversificate acquisite nei ruoli ricoperti, detentore di un alto tasso di gradimento.

La Schlein ha forse questi “titoli nobiliari”?

Quel 5% di AVS (Bonelli e Fratoianni) che, nella faretra, ha schegge impazzite come la Salis; la simpatia dei militanti PD che gli tributano onori e applausi, sapientemente costruita; il pieno possesso del Movimento, piegato passivamente ai suoi voleri; l’eliminazione cinica di ogni ostacolo e opposizione, sono ii fattori su cui Giuseppe Conte costruisce il suo futuro politico.

Il posto di Presidente del Consiglio gli è rimasto nel gozzo e lui lo rivuole. Ma il nervosismo di Conte viene dallo spettro della scissione del Movimento che lo priverebbe di una qualche percentuale facendolo scivolare sotto il 10%. E’ un rischio che non può permettersi perché lo indebolirebbe, sia agli occhi del PD che a quelli di AVS, frustando le sue mire.

Il 10%, infatti, è il limite inferiore rispetto al quale è quasi impossibile diventare Presidente del Consiglio.

Giuseppe Conte ha imboccato una strada pericolosa per il Paese che ha, invece, bisogno di una Politica degna di questo nome e non di giochi di palazzo alle spalle di un popolo già in stato di sofferenza e di grande disagio.

In tutta questa storia, spicca l’assenza di Roberto Fico e Alessandro Di Battista che tacciono. Mostrando una prudenza che contrasta con la loro verve rivoluzionaria. Sembra proprio un’altra dimostrazione che è meglio non compromettersi perché si potrebbe mettere a rischio l’amicizia con il vincitore che è quel sentimento che garantisce qualche introito.

Antonio Vox

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *