Come già ripetutamente sottolineato stiamo vivendo un’epoca di transizione importante e, per certi versi, traumatica per l’umanità, almeno per la stragrande maggioranza di chi la subisce senza poter aver alcuna possibilità d’intervenire o farsi ascoltare.
“La grande buca” è il titolo di questo articolo che, volutamente in lingua italiana, descrive quello che gli anglosassoni, con la loro stringata lingua, chiamano “gap”. Il gap, sta a significare “lacuna”, “mancanza” ed è esattamente quello che cercherò di descrivere e che, da almeno quattro decenni e passa, mio padre ed io, avevamo già intravisto incedere nella nostra società parlandone come un dato di fatto evidente.
La grande buca è nel passaggio dall’era analogica a quella del digitale o, per dirla con le icone delle epoche relative, dal fil di ferro al computer.
In questa buca ci stanno ancora generazioni viventi, che compongono circa un 50% della popolazione (almeno quella italiana) che, o per età avanzata, o per mancanza di capacità intellettive e/o tecnologiche, s’impantanano quotidianamente in spid, password dimenticate o scadute, errori di sistema, mancanza di linea, e maledetti sistemi telefonici guidati dove ci si perde spingendo numeri nella tastiera digitale dell’indispensabile smartphone (anch’esso spesso strumento incomprensibile per una parte della popolazione).
La buca/gap era prevedibilissima da chiunque avesse un quoziente intellettivo sufficiente ad avere capacità analitiche e logiche elementari di base.
Ma il sospetto è che i personaggi preposti ad avere queste capacità previsionali (che due normali cittadini, “signor nessuno” e non laureati i sociologia e/psicologia sociale, avevano avuto oltre 40 anni fa) non avessero (e sicuramente non hanno) problemi…anzi no, diciamolo in modo trendy, gap intellettivi; no, è che se ne sono altamente fregati e continuano a fregarsene.
Ai personaggi tipo Colao o altri ministri fanatici dei chip sottocutanei, ma anche altri che riempiono le fila dei seguaci di Davos e del green (che di verde ha solo il colore dei dollari) e transizione digitale, binomio di cui si riempiono la bocca banchieri, sindaci e altri alienati, non frega assolutamente nulla se un anziano, che non ha lo smarthphone o il computer o le capacità per usarli, non riesce a entrare nel SUO fascicolo sanitario, o non riesce a prenotare una visita medica o analisi, magari urgente, ed è costretto ad andare personalmente a fare la fila alla Asl magari con problemi deambulatori, ma non sufficienti da avere assistenza sociale, e con figli o nipoti lontani o “troppo impegnati” per aiutarlo. Non sono casi rari, sono molto più frequenti di quanto si creda e lo Stato è ben contento di scaricare queste beghe al volontariato senza il quale saremo al disastro totale.
L’articolo 32 della Costituzione parla di diritto alla salute e l’articolo 3 parla di cittadini che hanno pari dignità; ma i nostri “custodi” della Costituzione non si rendono conto dell’umiliazione a cui dei sociopatici informatici che producono sistemi farraginosi invocando tutela della privacy (ridicoli) e sicurezza (ancor più ridicoli in un epoca dove l’informatica è diventata il primo strumento di truffa); si rendono conto invece del calvario a le ansie a cui sottopongono milioni di persone?
Il sospetto che a questa domanda corrisponda una risposta affermativa è molto alto.
Stranamente le Istituzioni pubbliche parlano di riduzione del personale e quindi di obbligo alla informatizzazione dei servizi ma il costo annuo della spesa pubblica nel 2021 ha raggiunto 172.112 milioni di € superando del 3,1% la spesa del 2020. Ma allora dov’ è il risparmio? E non mi si dirà che la popolazione è aumentata perché dal 2014 al 2021 si è avuto un calo del 2,8 per mille annuo scendendo a 58 milioni e 990 mila unità nel 2024 (Istat), dai 60 milioni e 800 mila del 2013, nonostante l’immigrazione indiscriminata nel nostro Paese che ha compensato parzialmente le emigrazioni di giovani italiani e un drastico calo delle nascite.
Quindi? La popolazione diminuisce, i costi aumentano e i servizi, oltre a diminuire sono sempre più inefficienti. Ne consegue che non è un problema di soldi e/o personale ma di efficienza organizzativa sempre più scadente dovuta a una classe politica sempre più incapace oltre che clientelare o, peggio, corrotta.
La mancanza di efficienza è aggravata anche dalla farraginosità delle norme sempre crescenti di numero e d’ inutilità, fattori che contribuiscono a occultare e/o schermare mancanza di professionalità e incapacità soprattutto manageriali. I reiterati tentativi di vari governi e ministri per cercare di snellire la burocrazia si schiantano contro un muro di gomma della resilienza, termine tanto caro ai nuovi falsi innovatori, dei burocrati e dei loro angeli custodi: i legislatori.
Ma al Garante della Costituzione tutto questo non salta all’occhio? Non sembrerebbe visto che è un grande fan dell’Agenda 2030 che, a leggerla superficialmente, è una gran bella cosa, ma nelle pieghe è inquietante (vedi articoli “Protocolli uber alles” e “La fiducia non si vede (e non si sente)” su questa testata) e non lascia molto spazio a pensieri ottimistici.
La speranza che si profila all’orizzonte è la dipartita (istituzionale o fisica) di questi deliranti fanatici che, a cominciare dalle dimissioni (e scomparsa dai radar…) del guru del WEF, Karl Schwab, stanno dimostrando il fallimento di questo golpe mondiale che ci voleva sudditi senza diritti; ma attenzione: non è finita.
Massimo Gardelli