Antonio Vox- 12/12/2021
- Editoriale
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Tutti parlano di “nuova politica”.
Ma quando si chiede cosa essa sia, ecco un silenzio imbarazzato e risposte evanescenti.
Pensiamo di non essere lontani dal “sentire comune” quando affermiamo che “fare politica” significa proporre agli elettori un modello di “Paese futuro” verso cui tendere.
Un modello del Paese, ci esprimiamo con un esempio, è come un puzzle le cui tessere sono le iniziative legislative e operative che si dovranno intraprendere.
Noi lo chiamiamo, questo puzzle, Disegno per il Paese.
La disponibilità di un Disegno per il Paese ha chiari vantaggi per l’elettore; qui ne citiamo tre.
Il primo è che il cittadino elettore può “controllare”, dalla realizzazione delle tessere, se si procede nella direzione prospettata; può, così, decidere se, quando e dove investire i propri risparmi; può valutare l’azione di governo.
Il secondo vantaggio è quello di non affidare il proprio voto sulla base di amicizie, simpatie, persone note solo per sentito dire, slogan … ma di votare una prospettiva politica; la qual cosa genera consapevolezza, stabilità, certezze.
Il terzo vantaggio è quello di dimenticare le “alchimie politiche” alle quali quotidianamente si assiste, rimbombanti sui media e talk show, senza alcun riferimento ai problemi del Paese; di poter concentrare le energie, generando un forte senso di appartenenza; di capire se un politico è tale dal solo fatto di avere una visione del futuro e se ha le attitudini per poter realizzare tale prospettiva.
Oggi, invece, si assiste “programmi politici” infattibili, del tutto indistinguibili, che nessuno legge e, in coerenza, ad un arrembaggio alle Istituzioni, come se si fosse in cerca affannosa di un posto di lavoro, con sgomitate e conflitti d’ogni genere, con personaggi in cerca d’autore ai quali la fiscalità generale paga, finanche, i corsi di addestramento a governare.
A quale Disegno per il Paese corrisponde l’acquisto di “banchi a rotelle”?
La degenerazione politica e, quindi, sociale è scontata.
A queste si accompagnano, ovviamente, stagnazione e regressione, burocrazia asfissiante e costrizioni dei diritti; senza pertanto scomodare il Nuovo Ordine Mondiale.
Non risulti strano, perciò, che un’area del Paese, quella dell’astensionismo, sia tanto popolata: oggi, addirittura, superiore al 50% dell’elettorato.
Non è forse, questo, lo scenario italiano?
Ma quale dovrebbe essere il processo di costruzione di un Disegno per il Paese e quali competenze dovrebbero essere necessarie, a partire dalla consapevole conoscenza del Paese del quale ci si propone di disegnare il futuro?
Anche qui, ci rifacciamo ad un esempio.
Se dovessimo descrivere la moltitudine variegata della Società Civile, rappresentando, su di un plastico, le identità, le culture, le attitudini dei cittadini, noi potremmo vedere tante rugosità del piano, di andamento irregolare, un coacervo di picchi e valli, di varia e differente altezza e profondità; senza un ordine: quasi un caos.
I picchi e le valli stanno a indicare identità di varia intensità e livelli culturali di differenti spessori. Le rugosità del piano descrivono la Società Civile.
Sembra proprio di rivedere la nostra Terra: ricca di valli e monti, affascinante e sorprendente, viva.
È proprio questa immensa e bellissima orografia che fa pieno di poesia il nostro mondo: una sublime sintesi di ragione (perché lo voglio capire) e di passione (perché lo voglio amare).
E sono proprio le increspature del modello plastico, le identità, le attitudini, le culture che sono i fattori imprescindibili di ogni dinamica di crescita e sviluppo della Società senza i quali si avrebbe la morte, immobile e statica.
Pensate cosa significherebbe livellare monti e valli: cosa rimarrebbe della nostra Terra?
Chi, secondo voi, dovrebbe essere il “gestore” del plastico?
Un “artista” che, con un disegno d’equilibrio in testa, abbia la inclinazione a rendere il plastico sempre più ricco, dinamico, bello, armonico alla guisa di un affascinante e sorprendente presepe;
ovvero un “ragioniere” con l’inclinazione a “mettere ordine” e per il quale le increspature sono difetti da eliminare finanche scartavetrando e livellando il piano?
Abbiamo qui usato i lemmi “artista” e “ragioniere” senza voler offendere nessuna professionalità ma solo facendo riferimento alle intrinseche attitudini.
Paragoniamo, ora, l’esempio allo scenario del nostro Paese, economico, sociale e politico, sia nel percorso della Storia che in quello della attualità.
Non ritroviamo, forse, molte analogie?
Il fatto, purtroppo, che ci siano pochi “artisti” e molti “ragionieri” sembra essere una costante.
Ma l’esempio non finisce qui; possiamo aggiungere ben altro.
L’artista ha un disegno in testa; è un visionario. Sa che la bellezza e il fascino del plastico sono dati proprio dalla presenza di cuspidi e valli. La sua tendenza è quella di trasformare il plastico valorizzando le sue caratteristiche, rendendolo più appagante di quello che è, più vivo, più pulsante, più dinamico.
L’artista è un innovatore. Lavora con un disegno strategico.
Il ragioniere non ha un disegno in testa; non è un visionario. Il suo intendimento è quello della normalizzazione, della omologazione, della uniformità. Le cuspidi e le valli sono, senza tener conto della poesia del plastico, difetti da correggere e livellare, necessariamente piallando verso il basso visto che non appare possibile piallare verso l’alto. È un processo che esalta l’amorfismo.
Ma il ragioniere sa una cosa: piallare le cuspidi, tout court, visto che si ha a che fare con la società civile, provocherebbe un terremoto. Quindi bisogna agire con prudenza attraverso un marketing sociale, subliminale e induttivo.
Il ragioniere è un normalizzatore conformista. Lavora con interventi tattici.
Sostituendo il plastico con la Società economico sociale, dal punto di vista politico, si può assimilare l’artista ad un politico statista; il ragioniere ad un politico politicante.
Secondo voi c’è qualche somiglianza con la attuale situazione italiana?
Appare strano che un Paese come il nostro, fatto di “artisti, poeti e navigatori” sia in questa tragica condizione.
Abbiamo fatto filosofia? Macché, abbiamo messo il dito nella piaga.
Perché ora sappiamo che una “nuova politica” significa semplicemente “fare politica”.
Antonio Vox
Presidente di Sistema Paese – Economia Reale & Società CivileFacebookEmailWhatsAppSMSCondividi