Le comiche giudiziarie

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La separazione dei tre Poteri, pilastro della Costituzione di ogni Stato civile, liberale e democratico, a rappresentanza parlamentare, sembra non funzionare più. Anzi, nei fatti, il tre è diventato sei perché, in questa era moderna, si sono aggiunti Burocrazia, Sindacati e Media. Ciascuno di essi, dimenticando Etica e Morale, Ruoli e Competenze; a dispetto dei Diritti Fondamentali e della Dignità della gente, ha l’unico obiettivo di “contare e prevalere”. In verità, l’obiettivo è perseguire il potere.

Quali gli effetti nella opinione pubblica? Caos e Confusione; Disagi e Intolleranze; Irritazioni e Crimini/Delitti. In queste condizioni, come può una Società Civile evolvere verso la crescita economica e lo sviluppo sociale? Si capisce, così, il perché di tanto astensionismo, il flop di credibilità della Politica e della Magistratura, l’odio per la Burocrazia, la crisi dei Sindacati, l’abbandono dei Media per trovare rifugio nei Social.

Al centro di questo marasma, spicca il conflitto, più che decennale, fra Governo e Magistratura, giunto ormai all’acme. Eppure, fra loro, si dovrebbe instaurare una sinergia costruttiva; mai conflitto e nemmeno alleanza perché entrambi perniciosi. Come mai si è formata questa Dicotomia anticostituzionale e malefica per la Repubblica? Possiamo avanzare delle ipotesi a partire dalle caratteristiche dei rispettivi ruoli.

La prima ipotesi: i membri del Governo sono pro tempore e valutabili; quelli della Magistratura, sono permanenti e insindacabili. È del tutto ovvio che chi gode di stabilità e insindacabilità accumula lunga esperienza che genera la tendenza a tracimare in ruoli che non gli competono; da qui il conflitto.

La seconda ipotesi: il potere del Governo è collegiale e soggetto a vari “contrappesi” costituzionali; il potere della Magistratura è, invece, assegnato non all’Organo tutto ma al singolo magistrato. Anzi, si deve porre grande attenzione alla eventualità che eventuali “indirizzi centrali”, quando rischiano di pregiudicare la autonomia e l’indipendenza del singolo giudice, potrebbero configurarsi come gravissimo fatto delittuoso.

La terza ipotesi: la azione del Governo traguarda la Comunità civile nel suo complesso (rapporto 1 a n); l’azione della Magistratura traguarda il singolo soggetto imputato (rapporto 1 a 1). Non a caso, la sentenza, che è emessa dal singolo giudice per singolo imputato fa giurisprudenza e non Legge.

Le tre ipotesi motivano il perché sia altissimo il rischio che la Magistratura possa essere tentata di porsi come Centro di Gravità della Repubblica con buona pace per l’innovazione, la crescita economica, lo sviluppo sociale.

La Magistratura è l’Organo più delicato dello Stato ma può diventare il più temibile e più prepotente: può bloccare tutto; può governare tutto; senza, peraltro, essere sindacabile né apparire responsabile.

Il ruolo assegnato dalla Costituzione, però, è applicare la Legge; non certo scriverla. Significa interpretarla nello spirito del Legislatore non nel proprio. Se, poi, dovessero nascere carenze o equivoci, sembra ragionevole che ci si debba rivolgere unicamente all’Organo che l’ha promulgata.

Con queste premesse, diamo una occhiata alla questione Albania dove il Governo italiano ha costruito centri di accoglienza per richiedenti asilo. Questi centri sono dedicati a immigrati clandestini, adulti maschi, in buono stato di salute; in attesa di rimpatrio, perché provenienti da “paesi sicuri”. Quindi, immigrati economici clandestini. Il rimpatrio, tuttavia, non è automatico, anche se la provenienza è da “paese sicuro”. Si deve sempre fare una analisi approfondita e dettagliata del caso individuale. È successo a tanti come, ad esempio, Cesare Battisti, accolto in asilo in Francia e non rimpatriato in Italia.

Tuttavia, il “peccato originale” di questo progetto è proprio la definizione di “paese sicuro”. Il Tribunale di Roma, benché la Commissione di Valutazione abbia rigettato le richieste d’asilo, non ha convalidato il decreto di trattenimento per 12 migranti, provenienti da Egitto e Bangladesh perché ha classificato quei Paesi, “non sicuri”, assumendosene, illegittimamente pare, la facoltà. Apriti cielo!  Le reazioni del Governo sono state immediate e dure: “la Magistratura fa politica”.

Il Tribunale di Roma ha dichiarato di essersi adeguato ad una sentenza (4 ottobre 2024) della Corte di Giustizia della Unione Europea, perché il diritto EU viene prima di quello nazionale. Si potrebbe subito obiettare che una sentenza, anche se di Corte EU, fa giurisprudenza non diritto.

Quella sentenza risponde ad un ricorso del Tribunale di Brno, popolosa città della Repubblica Ceca, per il caso di un cittadino richiedente asilo, moldavo della Transnistria. La Transnistria, già regione della Moldavia nell’era sovietica, al tempo del disfacimento della URSS, proclamò la propria indipendenza, nel 1990, con la dicitura “Repubblica Moldava della Transnistria”; La Moldavia lo fece nel 1991. L’ONU, però, non la riconosce come Stato indipendente e la considera parte integrante della Moldavia che, tuttavia, non la governa. Quindi, un dato di fatto che contrasta con lo stato di diritto. Il Governo della Repubblica Ceca riconosce la Moldavia come «paese sicuro», con l’eccezione della Transnistria. La Commissione di Valutazione, invece di valutare la specificità del caso, come avrebbe dovuto, ha “ragionato”: per l’ONU, la Transnistria è Moldavia; per il Governo, la Moldavia è “paese sicuro”; ergo la sentenza è: la istanza d’asilo è rigettata. E con ciò si crea il caso.

Il tribunale di Brno ricorre alla Corte EU sostenendo che non ci può essere un “paese sicuro” quando una sua parte non lo è. Quindi, la Moldavia tutta è insicura e l’immigrato va accolto.

Sembra che, quando si tratta di Giustizia, il caos è assicurato perché i giudici, per disgrazia o per fortuna, non sono tutti d’accordo.

Ecco che si torna al “peccato originale”.

Che significa “paese sicuro”? Chi definisce i criteri per valutare se un Paese è sicuro o meno? Chi compila la lista dei “paesi sicuri”, lo Stato membro o la EU? Chi definisce “sicuro” un Paese?  Forse, un Tribunale, con il rischio di doppia definizione per un Paese, visto che i giudici non sono tutti d’accordo?

E allora ecco i conflitti di competenze, le libere interpretazioni ricche di arguti sofismi, i dibattiti senza fine, mentre il cittadino europeo, allibito, non sapendo a che santo votarsi, se ne va per simpatia alimentando dispute campanilistiche, pseudo politiche, da bar.

Ebbene, una direttiva europea del 2013 descrive i criteri per definire un Paese come “paese sicuro” ma non ne pubblica una lista.

La Corte EU, il 4 dicembre 2024, emette la sentenza, in francese, in risposta al ricorso del Tribunale di Brno. La descriviamo attraverso le parole della professoressa Lucia Serena Rossi, nominata dal Governo Gentiloni, e membro effettivo della Corte EU al momento della sentenza: “Mi sembra che questa sentenza in Italia non l’abbia capita proprio nessuno…  né i giudici che hanno fatto rientrare i migranti dall’Albania, né i politici che hanno reagito o i giornalisti che l’hanno commentata”.

Dopo aver dichiarato, senza che nessuno lo richiedesse, la sua indipendenza dalla politica, dice: “tocca all’Italia e non ad organismi Ue stabilire dove rimpatriare i migranti… La sentenza, che riguardava un rimpatrio dalla Repubblica Ceca alla Moldavia, in realtà si limita a ribadire che è competenza degli Stati fissare la lista dei Paesi sicuri, aggiungendo che occorre prendere in considerazione tutto il territorio di tali Paesi senza poter escludere zone specifiche e che la lista deve essere riesaminata periodicamente per accertarsi che quei Paesi continuino ad essere sicuri”.

Ecco che la Moldavia, da essere un “paese sicuro” è tutta insicura.

L’onere e il dovere di redigere la lista “paese sicuro” è della legislazione di Paese e deve riferirsi al Paese in elenco nella sua integrità. Ciò significa che le liste di Francia, Germania e Italia potrebbero essere diverse. Il Governo italiano si è allineato promulgando la lista “paese sicuro”.

Sembrerebbe tutto a posto. Macché: il Tribunale di Bologna interviene a gamba tesa e impugna il decreto presso la Corte EU. Che noia.

Viene il dubbio che la Magistratura non accetti che sia il Governo a determinare la lista “paese sicuro” perché c’è il sospetto che possa usare questa opzione per recondite e inconfessabili opportunità di politica estera e non per solidarietà umana. Pretende la Magistratura di decidere quale politica estera adottare pur non avendone competenza? Dovrebbe capire, invece, che si può ribaltare il punto di vista: chi può assicurare che la Magistratura non userà la stessa opzione per fare politica contro il Governo e non solidarietà umana, visto che lo ha già fatto?

Purtroppo la questione è sempre la stessa: perseguire il potere in qualunque modo a dispetto di ruoli e competenze. A valle, però, ritroviamo il Caos nella Società Civile.

Riemerge alla memoria Vittorio Emanuele Orlando, Presidente del Consiglio dei Ministri, che, nel suo discorso alle Camere del 22 dicembre 1917, dopo la disfatta di Caporetto, disse, per riaccendere la voglia di vincere: “La voce dei morti e la volontà dei vivi, il senso dell’onore indicano una sola via di salvezza: resistere! resistere! Resistere!”. Lui, e il popolo italiano, avevano un nemico da combattere e vincere. Francesco Saverio Borrelli, invece, nel suo discorso alla inaugurazione dell’anno giudiziario 2008, quando copiò quel grido, appropriandosene, con chi ce l’aveva? Quale complotto lo minacciava?

 

Antonio Vox

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