Dal 24 al 26 ottobre, si è celebrato a Kazan, in Russia, il summit dei BRICS, il club internazionale, fondato dai quattro Brasile, Cina, India, Russia, cui ha aderito subito il Sudafrica. Quale è l’obiettivo di questo club? È economico, monetario, commerciale: in sostanza, mettere insieme Paesi per adottare una moneta di scambio internazionale alternativa al dollaro americano. È un obiettivo ambizioso e molto difficile da realizzare per i suoi risvolti amministrativi, giuridici, bancari e, non ultimo, monetari per definire la moneta o le monete di scambio. Ma c’è anche il problema tecnologico e di Cybersecurity perché è necessario costruire una sicura piattaforma per i pagamenti internazionali, con struttura blockchain, alternativa a quella attuale dollaro-centrica.
È ovvio che un progetto di tal genere produrrebbe un terremoto globale e renderebbe totalmente invalida la politica sanzionatoria occidentale.
Sergei Lavrov, Ministro degli Esteri russo, è stato chiarissimo: “Un sistema di pagamenti BRICS consentirebbe operazioni economiche senza dipendere da coloro che hanno deciso di trasformare in armi il dollaro e l’euro”.
Nel mirino c’è anche il FMI (Fondo Monetario Internazionale) accusato di partigianeria a favore dell’Occidente e la Banca Mondiale che ha nella Cina un agguerrito competitor per la sua politica di supportare i Paesi in difficoltà.
I Paesi che hanno partecipato al summit di Kazan contano, insieme, il 50% della popolazione globale e il 35% del PIL mondiale. Molta acqua è passata sotto i ponti da quando la globalizzazione pensava di trasferire in Cina la manifattura del mondo. Tuttavia, i Paesi cosiddetti emergenti si sono moltiplicati e, soprattutto, stanno prendendo residenza in Oriente anche le attività di qualità e creatività a monte della manifattura stessa.
La gestazione del club BRICS è stata molto faticosa ma la diplomazia russa sembra che abbia lavorato molto bene dopo che la Russia è stata espulsa dal G8 e dopo aver subito pesantissime sanzioni. La Russia, con questo summit, sembra essere uscita dall’isolamento dove l’Occidente l’aveva relegata: una rivincita significativa. Nel 2023 si sono associati al club Etiopia, Emirati Arabi Uniti (EAU), Egitto e Iran.
Come si propone, oggi, la Russia? Per fare un paragone calzante, si può ricorrere alla leggenda di Robin Hood contro lo Sceriffo di Nottingham: Democratizzazione del sistema internazionale dollaro-centrico; Geopolitica basata sul commercio in valuta locale; Difesa della sovranità degli Stati.
In sostanza, Sterilizzazione della gendarmeria internazionale.
Tutti argomenti non divisivi, che mettono d’accordo i Paesi aderenti al BRICS, invece della sterile e abusata tesi della lotta agli USA e all’Occidente, di per sé divisiva. Infatti, oggi, il 90% delle transazioni commerciali è in dollari e molti Paesi aderenti al club hanno riserve patrimoniali conteggiati nella divisa americana.
Quale la strategia di fondo? Mettere a disposizione una piattaforma alternativa, lasciando ai membri la libertà di scelta. È un seme che, se ben coltivato, potrebbe diventare, nel tempo, una robusta quercia.
Infatti, il summit di Kazan si è svolto in ottica puramente tecnica, senza alcuna espressione di conflittualità verso terzi, senza la pretesa di creare una dicotomia fra poteri mondiali. Si è prospettata solo una libera ulteriore opzione, ad accesso semplificato, poco istituzionalizzata, agile, attraente, sicura per i pagamenti delle transazioni commerciali fra Paesi. Non hanno così trovato spazio nemmeno gli antagonismi fra i membri come, ad esempio, quelli fra Cina e India. Quindi il mandato è: espandere il club, il più possibile, per aumentare la sua competitività e influenza.
Al summit hanno partecipato 32 Paesi e ben 20 sono stati i capi di Stato presenti e 20 sono stati gli incontri bilaterali di Putin; ma altri 34 Paesi, come Malesia e Thailandia, hanno chiesto di entrare nel club.
Fra gli altri, erano presenti Xi Jinping, (Cina), Narendra Modi (India), Masoud Pezeshkian (Iran), Sheikh Mohammed bin Zayed (Emirati Arabi Uniti), il principe Faisal bin Farhan (Arabia Saudita) ma anche Recep Tayyip Erdoğan (Turchia) benché membro Nato. Significativa la presenza di Antonio Guterres (segretario generale ONU) fra le vivaci proteste di Zelenski.
Non c’è dubbio che il club ha ancora molta strada da percorrere perché diventi una effettiva minaccia ma il “curiale” atteggiamento, senza clamore, di quello che ci piace definire “Oriente BRICS” (il cuore dei BRICS è in Oriente!) mostra un aplomb fermo e determinato.
In Occidente, le tensioni, che si vanno acuendo sia al proprio interno che al esterno, fra sanzioni e guerre, cominciano a lasciare tracce indelebili nelle società civili.
Infatti, l’Occidente è sempre più irretito in una rigida dicotomia Destra/Sinistra in conflitto perenne, della quale non ci si riesce al liberare; è dimentico dei valori etico morali; è disattento alla crescita della economia reale e allo sviluppo sociale; è dedito alla centralizzazione dei poteri economico finanziari violando ogni Costituzione e Persona; è impegnato in ogni possibile controllo delle masse con lo strumento principe della Burocrazia digitalizzata; impone i mercati con la tecnica delle transizioni.
A questo Occidente, in crisi di Civiltà e dall’atteggiamento colonialista e da gendarme del mondo, si contrappone, con sorprendente pacatezza, l’atteggiamento di apparente ma confortante timbro costruttivo, democratico e solidale dell’Oriente BRICS.
Sembra proprio che si siano ribaltati i ruoli.
Abbiamo bisogno di statisti, a livello nazionale e, soprattutto, a livello internazionale perché la globalizzazione all’americana volge al termine e la geopolitica dei BRICS ha le carte in regola per salire alla ribalta.
Il fattore di rischio dell’Occidente è sé stesso.
Antonio Vox