Il Sud e l’autonomia differenziata

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Noi siamo certamente meridionali, perché il territorio che ci diede i natali è al Sud. Ma siamo anche meridionalisti? Chi è un meridionalista?

Treccani scrive: “Studioso dei problemi sociali ed economici che concernono l’Italia meridionale …”. Cioè, per essere meridionalista, non c’è il vincolo d’essere meridionali e non c’è, neanche, la necessità di un patentino.  Allora, giacché siamo studiosi del tema meridionale ci fregiamo d’essere meridionalisti.

Vogliamo addentrarci proprio nella legge della Autonomia Differenziata per capire a cosa si andrà incontro nella sua applicazione e cosa succederà al nostro Mezzogiorno d’Italia.

La Legge è invisa a buona parte del SUD. L’opposizione sta organizzando un referendum abrogativo. Nel frattempo, ben 5 regioni (Toscana, Sardegna, Puglia, Campania, Emilia Romagna), tutte di sinistra, hanno annunciato un ricorso, avverso la Legge, alla Corte Costituzionale.

Con la santa pazienza, ci prepariamo a leggere la legge visto che è bene non fidarsi degli istinti, dei pregiudizi frettolosi e delle interpretazioni di terzi, ma  vogliamo esercitare il nostro pensiero critico. Nel corpo di questa analisi, riporteremo quanto supponiamo sia interessante lasciando in allegato, a corredo per chi volesse approfondire, la sintesi degli articoli della Costituzione ed della Legge.

Eccola, la Legge 86/24 del 26 giugno 2024:

ART. 1 (Finalità):

“ … nel rispetto dell’unità nazionale e al fine di rimuovere discriminazioni  e disparità di accesso ai servizi essenziali sul territorio, nel  rispetto  altresì  dei  principi  di unità giuridica ed economica,  di  coesione  economica,  sociale  e territoriale, anche con riferimento all’insularità,  nonché’  dei principi di indivisibilità’ e autonomia e in attuazione del principio di decentramento amministrativo e per favorire la  semplificazione  e l’accelerazione delle procedure, la responsabilità’, la trasparenza e la distribuzione delle competenze  idonea ad assicurare il pieno rispetto dei principi di sussidiarietà’, differenziazione e adeguatezza … nonché’  del principio  solidaristico…definisce i principi generali per l’attribuzione alle Regioni di funzioni relative … a materie,  o ambiti di materie, riferibili ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti equamente su tutto il territorio nazionale … per favorire un’equa ed efficiente  allocazione delle risorse e il pieno superamento dei divari territoriali nel godimento delle prestazioni inerenti ai diritti civili e sociali”.

Nell’ART. 1 sono ripresi, in sequenza, quasi con puntigliosità, gli articoli 118, 116, 117, 119  della Costituzione e confermati i principi costituzionali.

Sembra che si parta bene. Una volta che siano state descritte le Finalità (o Premesse) si dovrebbe ora verificare se, nel corpo della legge, esse siano rispettate e se ci siano i termini della fattibilità operativa.

Gli Articoli successivi della Legge riguardano (dall’ART. 2 all’ART. 8) descrivono le procedure burocratiche per acquisire la Autonomia. La puntuale descrizione dell’iter burocratico, che prevede uno “schema d’intesa” (una sorta di contratto fra Stato e Regione)  non sembra inficiare né le Finalità né gli obiettivi della Legge; tantomeno i dettami costituzionali.

In verità,  noi osserviamo l’appesantimento della burocrazia (che potrebbe indurre future semplificazioni) e la facile previsione dei tempi lunghi per acquisire l’Autonomia; il che potrebbe suggerire la non fattibilità operativa della Legge.

Di interesse specifico sono, però, gli ART. 9 e 10 che riguardano le Regioni che non richiederanno Autonomia.

Eccoli:

ART. 9 (Clausole finanziarie)

Dallo schema d’intesa non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Le Regioni non convenzionate hanno la garanzia della invarianza finanziaria e del finanziamento delle iniziative nonché la  perequazione per i territori con  minore capacità fiscale per abitante.

Ogni Regione convenzionata dovrà prevedere il  concorso agli obiettivi di finanza pubblica.

ART. 10 (Misure perequative e di promozione dello  sviluppo  economico,  della coesione e della solidarietà’ sociale)

E’ lo Stato che, per le Regioni non convenzionate, promuove l’esercizio effettivo dei LEP, della crescita economica e dello sviluppo sociale anche tramite l’unificazione delle diverse fonti finanziarie, la semplificazione delle procedure burocratiche e amministrative, gli interventi  in conto capitale anche per la eliminazione del deficit infrastrutturale.

Fin qui, appare tutto coerente con i dettami della Costituzione.

Il nòcciolo innovativo è che siano stati introdotti operativamente i LEP (Livelli Essenziali di Prestazione) per  quali la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Bilancio di previsione 2023 e triennale 2023-2025) istituisce la “La Cabina di regia” che … determina i LEP, sulla base  delle  ipotesi  tecniche  formulate  dalla Commissione Tecnica per i  Fabbisogni Standard, istituita nel 2016 presso il MEF (Ministero delle Finanze)”.

Cosa siano questi LEP è il tema che abbiamo trattato nell’articolo “I LEP dell’art. 117 della Costituzione” apparso su “ZonaFranca” del 16 settembre 2024, che invitiamo a leggere https://zonafrancanews.info/2024/09/16/i-lep-dellart-117-della-costituzione/.

Reputiamo che i punti deboli della Legge siano proprio collocati nella qualificazione, nella misura, nel finanziamento dei LEP e nella pesantezza dell’iter burocratico. Vedremo come il Governo riuscirà a sbrogliare la matassa.

Nel frattempo, il dibattito infuria nel Paese; quello, della politica, della intellighenzia, dei meridionalisti, dei costituzionalisti, dei convegni, dei gruppi di cultura e degli attivisti della politica dissenziente.

Rimane fuori, come al solito, il cosiddetto “popolo sovrano”.

Per creare la maggiore confusione possibile, 5 Regioni di centrosinistra ricorrono alla Corte Costituzionale avverso la Legge della Autonomia Differenziata.

In cosa consiste dunque il ricorso alla Corte Suprema contro la Legge 86/’24 del 26 giugno (Autonomia Differenziata) promosso dalle cinque Regioni, tutte di sinistra?

Oltre alla esposizione di generiche contraddizioni, che arricchiscono i ricorsi, non si tratta, come c’era da aspettarsi, di una ipotesi di vulnus della Legge alla Carta Costituzionale. La prima contestazione denuncia, infatti,  una offesa alla “inderogabile previa concertazione con le Regioni” di cui l’iter di formulazione della Legge sembra non abbia tenuto conto.

Questo “dimenticanza” è vista come vulnus ad un diritto delle Regioni, costituzionalmente definito. Di qui il ricorso alla Corte Suprema.

Le ulteriori contestazioni, dalla seconda alla sesta, le riportiamo in allegato. Esse appaiono tutte di carattere procedurale, amministrativo, burocratico. Sarà il lavoro dei ricorrenti e della Corte.

Ma è la settima contestazione quella che ha un concreto carattere “socio politico”.

E riguarda la crescita economica e lo sviluppo sociale delle Regioni tutte.

“Se la Regione in regime di Autonomia può ricorrere ai propri gettiti regionali per finanziare la crescita, cosa accade alle Regioni del SUD con un gettito fiscale pro capite di molto inferiore alle Regioni del Nord?”.

Il Mezzogiorno d’Italia sarà certamente penalizzato sia nella attuazione dei LEP ma anche nella crescita economica e nello sviluppo sociale.

Crediamo, tuttavia, che la risposta sia già contenuta negli ART. 9 e 10 della Legge.

Supponiamo, ora, che la Legge vada avanti e che vengano superati i criteri (LAP, Burocrazia) di non fattibilità.

Una considerazione preliminare è questa: se la Legge non è incoerente con la Carta Costituzionale, appare plausibile che la Corte Suprema ammetterà solo qualche contestazione. Con ciò non dichiarerà illegittima l’intera legge, ma alcuni suoi passaggi. Ci sarà quindi una revisione e, allora, addio alle firme raccolte ma, soprattutto, al referendum abrogativo.

Ma veniamo al SUD. Appare che nel Mezzogiorno d’Italia ci sia una larga opinione contraria alla Legge. Domandiamoci perché.

È presto detto. È diffusa la sensazione che, senza il contributo delle Regioni ricche del Nord, i trasferimenti finanziari verso il SUD potranno essere ulteriormente penalizzati, con grave nocumento per le regioni meridionali e con il rischio d’affossamento della unità, della coesione e della solidarietà nazionale.

Ma questa visione non significa, forse, ammettere che il SUD sia “appeso” al Nord? Non significa, forse, “certificare” che il SUD sia una colonia del Nord e che da solo non ce la fa? Non significa, forse, immaginare un SUD con la mano, pietosa, tesa verso il Nord? Non significa appendere al muro la foto dei meridionali come servi della gleba?

Da una tesi cosiffatta i meridionali e i meridionalisti dovrebbero scappare a gambe levate.

Data l’esperienza accumulata, non risolve reiterare, nei riguardi del Governo centrale, la richiesta di un trattamento “finanziario” equo sia perché lo Stato è impegnato, ovviamente, verso i maggiori fabbisogni del Nord; sia perché la richiesta del Sud non è stata mai mantenuta nonostante promesse e norme.

Appare strano come non si sia fatto tesoro di quanto successo in tutti questi decenni. Quello che è successo è sotto gli occhi di tutti: il divario Nord/Sud è aumentato.

Quale dovrebbe essere la razionale e cinica conclusione? Questo strategia è fallimentare. In più, come ricompensa al Nord per il suoi contributi, il Sud è depredato delle sue ricchezze oltre ad essere sistematicamente mortificato.

È necessario, pertanto, cambiare registro. Si deve avere il coraggio di cambiare registro.

Noi reputiamo che uno Stato alleggerito, a fronte della Legge sulla Autonomia, degli oneri gestionali e finanziari per le Regioni diventate autonome, avrebbe maggiori attenzioni verso il Sud, proprio in forza degli ART. 9 e 10 della Legge.

Reputiamo inoltre che la determinazione dei LEP, uguali in tutto il Paese, non sia banale: essi, così potranno essere spinti in su rispetto ai livelli di prestazioni attualmente vigenti al SUD, con ovvi miglioramenti per il  Mezzogiorno.

Inoltre, sempre in forza dell’ART. 10 della Legge, il Sud godrebbe di semplificazione burocratica amministrativa che deve essere adottata per le Regioni non convenzionate. Il che significa un vantaggio competitivo non indifferente per la economia reale.

Questo vantaggio, associato alla iniziativa ZES, che dovrà avere un timbro strettamente domestico e territoriale, produrrà inevitabilmente un aumento del PIL del Sud.

Una politica di recupero sovrano delle risorse del Mezzogiorno (ci riferiamo alla energia elettrica, al petrolio,  etc), che trasformi le concessioni vigenti in vendita di prodotti e servizi potrà fornire finanza alla crescita economica e allo sviluppo sociale del Sud. La costituzione di una Banca per il Sud, strettamente orientata al mercato domestico meridionale, che sostituisca chi ha acquisito il Banco di Sicilia, il Banco di Napoli e la Popolare di Bari e che oggi raccoglie il risparmio meridionale per impiegarlo in altri territori, procurerebbe linfa vitale al tessuto produttivo del Sud.

Altre iniziative di progresso potrebbero essere messe in campo.

Tutto questo passa, tuttavia, da una forte coesione e solidarietà socio politica che il Sud chiede inutilmente a terzi ma che dovrebbe realizzare da sé e per sé stesso, affrancandosi da forze politiche partigiane e populiste.

L’unione fa la forza: questa massima popolare non è stata mai smentita.

Che si tenga, il Nord, la Autonomia Differenziata, il Sud ha ben altro da fare!

*Presidente “Sistema Paese” – Economia Reale & Società Civile

ALLEGATI

GLI ARTICOLI DELLA COSTITUZIONE

Per intanto, visto che siamo ignoranti, diamo un’occhiata agli articoli della Costituzione citati. Eccoli, in sintesi:

Articolo 118. “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio  unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato …”.

Articolo 116. “Ulteriori   forme e condizioni   particolari   di autonomia … possono essere attribuite ad altre Regioni, con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessata … sulla base di intesa fra lo Stato e la Regione interessata”.

Articolo 117. “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie … e nella determinazione  dei  livelli essenziali delle prestazioni (LEP) concernenti i  diritti  civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”.

Articolo 119. “I  Comuni,  le   Province,  le Città metropolitane e le Regioni hanno autonomia  finanziaria d’entrata e di spesa, nel  rispetto  dell’equilibrio  dei relativi bilanci, e concorrono ad  assicurare l’osservanza dei vincoli    economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea … secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile

al loro territorio … La legge dello Stato istituisce un fondo perequativo, senza vincoli di destinazione, per i territori  con  minore capacità fiscale per abitante … lo  Stato destina risorse aggiuntive in favore di determinati  Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni … possono ricorrere  all’indebitamento  solo  per  finanziare spese di investimento … esclusa  ogni  garanzia dello Stato sui prestiti dagli stessi contratti”.

GLI ARTICOLI DELLA LEGGE (dall’ART. 2 all’ART. 8 e l’ART. 11)

ART. 2 (Procedimento di approvazione delle intese fra Stato e Regione).

L’iniziativa di Autonomia parte da una delibera regionale, va al Governo (Presidenza, MEF, Ministeri competenti) e avvia  il negoziato  Stato/Regione con riguardo alle competenze richieste.  Lo schema d’intesa produce un disegno di legge che arriva in Parlamento.

ART. 3 (Delega  al  Governo  per  la   determinazione   dei   LEP …)

Il  Governo  è delegato ad adottare, entro 24 mesi, DGL (Decreti Legislativi) che definiscano procedure, modalità, monitoraggio e controllo dell’erogazione dei LEP per singola Regione convenzionata.

ART. 4  (Trasferimento delle funzioni)

Il trasferimento delle funzioni, con le relative risorse  umane, strumentali e finanziarie, può’  essere  effettuato, soltanto dopo la  determinazione dei LEP, dei relativi costi e  dei fabbisogni  standard, nei  limiti  delle risorse rese disponibili nella  legge  di  bilancio.

ART. 5 (Principi relativi all’attribuzione delle risorse finanziarie, umane e strumentali …)

Lo schema d’intesa stabilisce  i  criteri  qualitativi e quantitativi per il dimensionamento di quanto dovrà essere trasferito in termini di beni, risorse  finanziarie, umane, strumentali e organizzative nonché quanto del tributo fiscale di territorio dovrà essere riconosciuto alla Regione.

ART. 6 (Ulteriore attribuzione di funzioni amministrative a enti locali).

La Regione attuerà analoghi procedimenti di trasferimento ai  Comuni.

ART. 7 (Durata delle intese e successione di leggi nel tempo)

Lo schema d’intesa non potrà avere durata superiore a dieci anni (ma eventualmente rinnovabile) e potrà essere modificato o cessato anche per mancata  osservanza regionale sulla base del monitoraggio.

ART. 8 (Monitoraggio)

Annualmente si verificherà che sussistano le condizioni generali originarie concordate.

ART. 11 (Disposizioni transitorie e finali)

E’ fatto salvo l’esercizio del potere sostitutivo del Governo.

IL RICORSO ALLA CORTE COSTITUZIONALE

La seconda contestazione è relativa al fatto che la Regione possa fare richiesta di autonomia senza alcun obbligo motivazionale e addirittura  per interi blocchi di materie.

La terza contestazione è che viene inficiato il cosiddetto “potere legislativo concorrente” previsto in Costituzione (Articoli 117, 118) che avrebbe dovuto, per questo, essere trattato con procedura costituzionale.

La quarta contestazione è che la Cabina di Regia avrebbe dovuto provvedere ad una analisi preliminare e di ricognizione dello stato dell’arte sia in relazione alle materie trasferibili sia allo stato di fruizione dei diritti civili e sociali.

La quinta contestazione denuncia che la Legge non descrive uno stato di autonomia ma di indipendenza; il che inibisce lo Stato centrale nel suo potere sostitutivo e nella sua funzione di raccordo tra le diverse Regioni.

La sesta contestazione rileva come sia esautorato il Parlamento nella definizione dei LEP a fronte di una delega generica al Governo e che, comunque, prima di attuare operativamente la autonomia sia necessario  “realizzare, verificare e monitorare previamente il reale conseguimento dei LEP su tutto il territorio nazionale”.

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