L’Italia malata

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Volete sapere perché L’Italia versa in condizioni così disastrose? Rifacciamoci al Report dell’Ufficio Studi della CGIA di Mestre, pubblicato il 17 Agosto 2024, dal significativo e impietoso titolo: “A.A.A. ARTIGIANI CERCASI. ORMAI ABBIAMO PIU’ AVVOCATI CHE IDRAULICI”. L’Ufficio Studi ha preso in esame il comparto economico dell’Artigianato elaborando i dati dell’INPS e di Infocamere/Movimprese. Una area economica fatta di titolari, soci, collaboratori familiari che svolgono attività prevalentemente manuali, sia al servizio delle PMI che delle famiglie. Un tessuto connettivo, quello dell’Artigianato, che costituisce la base solida del più ampio cluster della Economia Reale e rappresenta l’humus di una società civile dinamica e il fondamento della qualità della vita della gente.

La pratica della manualità è stata il segreto del boom economico italiano del dopoguerra. Essa, articolata sapientemente con la creatività e la ingegnosità, costituisce il prezioso vivaio di entusiasmo popolare, di voglia di fare e di iniziative professionali e individuali che, nel tempo, soprattutto nella fase di ricostruzione del Paese nel dopoguerra, si sono tradotte nella formazione del comparto industriale italiano: quello delle PMI, punto di forza dell’Italia, osannato in tutto il mondo perché fattore ineludibile di crescita economica e di sviluppo sociale. E costituisce anche una significativa valvola di sfogo per l’occupazione. Tuttavia, questo comparto economico è il più fragile della Economia Reale. Per tutto questo, esso è la spia della economia del Paese e, soprattutto, della sua dinamica evolutiva. Cosa è accaduto, dunque, in Italia? La CGIA di Mestre lancia un allarme di grave portata sintetizzato così: “Nei prossimi anni sono a rischio manutenzioni e riparazioni … se nel 2012 erano poco meno di 1.867.000 unità, nel 2023 la platea complessiva è crollata di quasi 410mila soggetti (-73mila solo nell’ultimo anno); ora il numero totale sfiora quota 1.457.0001. In questi undici anni abbiamo assistito a una caduta verticale che si è interrotta solo nell’anno post Covid (+2.325 tra il 2021 e il 2020) (vedi Graf. 1). Se questa tendenza non sarà invertita stabilmente, non è da escludere che entro una decina d’anni sarà molto difficile trovare un idraulico, un fabbro, un elettricista o un serramentista in grado di eseguire un intervento di riparazione/manutenzione presso la nostra abitazione o nel luogo dove lavoriamo”.

Lo stesso destino degli artigiani si riverbera nelle “Imprese Artigiane” composte dagli artigiani di cui sopra. Nel 2008 si è toccato il picco massimo del XXI secolo con 1.486.559 imprese attive. E’, poi, cominciato il costante declino, a partire dal Governo Monti (2011): nel 2023 il loro numero è sceso a 1.258.079. Alcune si sono aggregate entrando, per dimensione, nel comparto superiore delle PMI soprattutto nei comparti del trasporto merci, del metalmeccanico, della impiantistica e della moda; ma in generale, la morìa di imprese è stata significativa e preoccupante, soprattutto se accostata a quella delle PMI. E’ impressionante che nel 2022, a fronte di 1.530.278 artigiani professionisti ci siano ben 240.000 avvocati: un avvocato ogni 6 artigiani! E con 64.000 idraulici, ogni idraulico avrebbe a disposizione 4 avvocati! Lo scenario sociale, che è la base di quello economico, è fortemente squilibrato. Certamente, la evoluzione della società ha fatto emergere il senso di una svalutazione culturale delle professioni ad intensità manuale; purtroppo, nel contempo, ha favorito una sorta di burocratizzazione delle menti. Gli effetti lo si vedono nell’appiattimento generalizzato su atteggiamenti procedurali a ovvio discapito di qualche timbro creativo e innovativo che è la caratteristica dell’artigiano italiano. Tutto ciò giustifica la cosiddetta “fuga dei cervelli”, cioè di coloro che rifiutano l’immobilismo di un pensiero procedurale per sposare un pensiero libero e innovativo. Secondo la CGIA di Mestre, perfino il tessuto urbano ne risente mentre il degrado si allarga a macchia d’olio: spariscono infatti attività economiche piccole, ma di alto contenuto, che possiamo definire “parasociale”, quali calzolai, corniciai, fabbri, falegnami, fotografi, lavasecco, orologiai, pellettieri, riparatori di elettrodomestici e Tv, sarti, tappezzieri, etc. Come contrappeso alla crisi dei sistemi valoriali, si registra una attenzione, all’apparire e al comunicare da influencer. Il che si traduce in un costante aumento di artigiani di “seconda generazione” come acconciatori, estetisti, tatuatori, di web designer e web marketing, di video maker e social media.

Anche il comparto dell’alimentare di transito va altrettanto bene come gelaterie, gastronomie, pizzerie per asporto. Però, ciò non compensa la scomparsa dell’artigiano da “prima generazione” che comunque non è obsoleto come qualcuno potrebbe pensare. I salotti delle città, le piazze, perdono la loro atmosfera identitaria per diventare luoghi di passaggio, senza anima, swnza storia, senza cultura. L’uso e getta diventa uno stile di vita. Lo standard si impone. La burocratizzazione e la procedura dilaga ovunque. L’individuo diventa automa, omologato; il pensiero libero si spegne. L’artigiano diventa l’occupazione da Serie B. Ecco il nòcciolo del problema. Ed è un problema che parte dalla carente formazione del cittadino, dalla inesistenza di una politica prospettica, dalla perdita della visione di un futuro. In una sintesi: bisognerebbe valorizzare le identità; il che è proprio il contrario del processo attuale verso un popolo uniformato nel “pensiero unico” e schiavo del “political correct”. Qualcuno lo definisce la Teoria del Gregge. Come si vede dal grafico “numero degli artigiani”, la discesa della curva è costante, senza scossoni; eccetto che per una piccola gobba di reazione orgogliosa in uscita dal periodo Covid, che è stato drammatico per l’economia italiana. Ma, dopo, la discesa è proseguita inesorabile. L’uniformità della pendenza mostra come sia costante la presenza di fattori degenerativi di politica economica. Questi fattori fanno la politica socioeconomica che solo una pletora di “sedicenti politici” allo sbaraglio non avrebbe mai potuto capirne la portata nefasta nonostante l’affiancamento di una intellighentia attenta solo a interessi partigiani. La sequenza dei governi di quegli anni dà precise indicazioni.

Il 16 novembre 2011, mandato a casa il Governo Berlusconi 4 (molti sostengono con un golpe), si sono susseguiti, nel decennio fino al 22 ottobre 2022, i Governi Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte I, Conte II, Draghi, per far posto, infine, all’attuale Governo Meloni. Tutti attenti, questi Governi, a “mettere a posto l’Italia” mentre, in realtà, toglievano “ossigeno alla Repubblica” con una ipocrita e demenziale “terapia del rigore”, tutta burocrazia e normative e controlli. Tutti Governi, se ricordiamo bene, variamente di produzione del Palazzo, contro le indicazioni popolari. Quei governi, di “tecnici” costruiti sulle teorie e di “politici di lungo corso”, hanno generato uno scenario socio economico che, per rimettere in linea, non basterà il prossimo decennio. Soprattutto, oggi, mancano i soldi, perché le vacche grasse del Quantitative Easing sono state munte su altre direzioni e su altri obiettivi.

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NB: Include titolari/soci e collaboratori familiari (quest’ultimi pesano sul totale per il 7,2% nel 2023 – era pari all’8,4% nel 2014). Per il biennio 2012-2013 si fa riferimento ai relativi comunicati INPS 2022 – 2023 che riprendono la serie storica sino ai 9 anni precedenti. Per il periodo 2014 – 2023 si fa riferimento a quanto pubblicato da INPS al giugno 2024 e al relativo database ricostruito. Nè tantomeno, è sufficiente la timidissima e fragile ripresa della economia italiana, peraltro non riconosciuta dalle opposizioni che anelano il ritorno al potere, che, però, viene certificata da dati ufficiali. Ad esempio, il reddito reale medio pro capite ha registrato, nel primo trimestre del 2024, il più alto incremento tra i paesi del G7, con un aumento del 3,4%, per l’aumento delle retribuzioni. Contestualmente, il PIL pro capite è cresciuto dello 0,4%, in miglioramento rispetto al +0,1% degli ultimi tre mesi del 2023.

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Infatti l’OCSE (JP Salary Outlook 2024) dichiara che, in Italia, il salario medio annuo è cresciuto dell’ +1,8% a fronte della media dello 0,9% dei paesi OCSE. Il grafico “Numero di Imprese Artigiane attive” è fotocopia del primo grafico e ne conferma l’andamento. Dal 2011, la discesa è inarrestabile. Servirà un miracolo di politica economica, e tempo, per invertire la tendenza. Come abbiamo già sottolineato mancano i soldi nelle tasche degli italiani e del Governo ma, soprattutto domina la frustrazione che è il pericolo più grave, Riuscirà il “popolo sovrano” a capire le differenze fra opposti approcci politici? Riuscirà mai a capire che le opposizioni inondano la gente con argomenti di distrazione di massa, rinfocolando artificiali e inutili conflittualità e polemiche, senza però mai toccare i veri problemi dell’Italia? Lo vedremo nei prossimi tempi; ma l’assuefazione al pessimismo è come l’effetto di una droga.

Antonio Vox – Presidente “Sistema Paese” – Economia Reale & Società Civile.

 

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