L’inatteso bis: Vito Leccese era inelleggibile?


Ecco siamo al bis.

Prima, il ricorso alla Sezione Civile della Corte d’Appello di Napoli, contro Antonio Decaro, per ineleggibilità al Parlamento europeo; ora, il bis, il ricorso al Tribunale di Bari, contro Vito Leccese, per ineleggibilità a Sindaco di Bari.

Quasi vien da sorridere al pensiero che il “cittadino in cerca di legalità”, rappresentato come una sorta di Robin Hood di città, abbia colpito ancora.

Anche stavolta, però, non vogliamo annoiare il lettore, e noi stessi ignoranti della legge, del perché e del per come del ricorso; né è nostra intenzione stilare un freddo elenco degli intrecci di norme, di leggi e leggine, delle date e dei periodi incriminati, delle mancate e dovute comunicazioni amministrative di rito, e di altro ancora citato nel ricorso.

Su tutto questo ci penserà l’attività giudiziaria che è chiamata a indagare, verificare, sentenziare.

Però, possiamo fare alcune considerazioni, da cittadini ignoranti della legge, tuttavia attenti allo scenario sociopolitico nel quale siamo immersi.

Intanto, i due ricorsi appaiono, fatto salvo il contesto specifico, l’uno la fotocopia dell’altro.

Cioè, sia Antonio Decaro che Vito Leccese espletavano le loro precedenti funzioni, da Sindaco della Città Metropolitana, il primo, e da Capo di Gabinetto del Sindaco di Bari, il secondo, fin dopo scrutini elettorali avvenuti.

Questo sarebbe contro la legge. Da qui la ineleggibilità.

Ma se questo è vero, e lo accerteranno gli inquirenti, non si può che rimanere perplessi che personaggi di alto  rilevo pubblico, entrambi politici di lungo corso, possano ignorare la legge della quale, invero, dovrebbero essere i maggiori ossequianti.

C’è un detto popolare che dice: “il pesce puzza dalla testa”.

Certo è una frase irriverente che stigmatizza, però, i nefasti effetti degli esempi di scarsa levatura etica che provengono dall’alto; da chi, cioè, dovrebbe essere un esemplare modello da imitare per tutta la comunità amministrata e governata.

Nessuno potrebbe soffocare il pensiero che esempi di tale portata siano la causa prima di una degenerazione sociale.

Ma il pensiero non si fermerebbe qui e andrebbe oltre perché emergerebbe una moltitudine di domande senza risposta: “Ma perché questi signori non se ne vogliono andare quando è il momento?”; e ancora: “La permanenza, soggettivamente pretesa, nel ruolo precedente non costituirebbe un illecito vantaggio, silente ma concreto, rispetto agli altri candidati competitor?

Domande senza risposta, è vero. Ma dubbi, diffidenze, malvagità e malevolenze crescerebbero all’infinito.

Caos e disagio sociale occuperebbero la scena.

Ma c’è di più.

Il giornale on line IL DUBBIO (Quotidiano di informazione politica e giudiziaria – premio letteratura per la Giustizia 2024), del 11 Agosto 2024, riporta un sondaggio di Nando Pagnoncelli (Amministratore  Delegato di IPSOS ITALIA) sul Corriere della Sera del dicembre 2023 e scrive testualmente: “Dal sondaggio pubblicato sul “Corriere della Sera”, a firma di Nando Pagnoncelli, la fiducia degli italiani nei confronti della magistratura è notevolmente diminuita. Il sondaggista e accademico italiano, infatti, scrive che «se negli anni 90 i giudici erano considerati eroi popolari e godevano del consenso di oltre nove cittadini su dieci, oggi solo uno su tre (32%) dichiara di avere fiducia nella magistratura”.

E, dice il sondaggio, oltre il 50% ne vede fini politici.

Sembra un sondaggio, ma è un problema; un problema strutturale e di tenuta sociale.

Ma perché? Perché il sondaggio fa intravedere che la Giustizia non è vista come  autonoma e indipendente. E non perché qualche potere le vuol sottrarre autonomia e indipendenza; ma perché essa appare inflitrata da presupposti che non sono quelli scritti in ogni aula di tribunale: “La giustizia è uguale per tutti”

In effetti, il sondaggio tocca un punto cruciale della vita civile: si è assistito non poche volte a sentenze “strane”.

E’ sempre più diffusa l’opinione che “andare a giudizio” è come “andare in tabaccheria a giocare al lotto”: non si sa mai come va a finire.

Qualunque sia il sentire della opinione pubblica, ci riferiamo al sondaggio, in ogni caso, le sentenze, per quanto strane, vanno rispettate. Al cittadino rimane, al più, la possibilità/diritto di poterle commentare.

Cosa c’entra tutto questo con il ricorso per la ineleggibilità di Vito Leccese a Sindaco della città metropolitana di Bari?

Dovrebbe c’entrare molto poco.

Infatti, l’estremo dettaglio informativo (date, eventi, attività, documenti …) espresso dal ricorso non dovrebbe dare adito alla flessibilità delle interpretazioni.

Sono informazioni puntuali e, perciò, facilmente verificabili e determinabili.

E ,se verificate, basta applicare le regole.

Sembrerebbe più un lavoro degno di un contabile che di un magistrato giudicante.

Pensiamo che basterebbe un computer, senza nemmeno l’opzione della intelligenza artificiale, di quelli che dicono SI oppure NO, per arrivare a sentenza corretta e in tempi brevi.

Non c’è che attendere, da spettatori, gli esiti delle indagini e delle sentenze.

Chissà come andrà a finire questa lotteria.

Noi speriamo bene, per la comunità e la giustizia, che tutto si risolva al più presto.

Antonio Vox

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