A pensarci bene, è un bel busillis. I numeri dicono che il PD è cresciuto, FdI è cresciuto, Alleanza Verdi e Sinistra è cresciuto, Lega e FI hanno tenuto, il M5S ha perduto malamente, Azione e Italia Viva con +Europa hanno subito un inaspettato KO.
E’ poco importante che la Lega si sia avvalsa del Vannacci, neo campione dei consensi, per molti impresentabile per le sue posizioni, e che AVS si sia avvalsa della Salis, neo campionessa dei consensi, per molti impresentabile per il suo curriculum giudiziario.
Il titolo, però, è chiarissimo: è una partita a due; è solo una partita a due, ciascuno con i propri satelliti. Ed è una partita “nominale” che molti definiscono “bipolarismo” che, invece, ha una dimensione ideologicamente politica. Questo dicono i numeri usciti dalle elezioni. Ma ora, ci avventuriamo nel territorio della politica. Vediamo cosa ne pensate.
La vera campagna politica l’ha cominciata Giorgetti, il Ministro della Economia, puntando deciso il dito contro il bonus 110, descritto come un assoluto disastro per le casse dello Stato: e qualche elettore ha aperto gli occhi. La sconfessione del RdC (Reddito di Cittadinanza) ha trasformato, nell’opinione pubblica, questa iniziativa legislativa da “lotta alla povertà” a “principale ostacolo alla espansione della occupazione” che, sebbene questa sia mal retribuita, sempre occupazione è. E anche qui, qualche elettore ha aperto gli occhi.
L’unico colpevole? E’ facile: il M5S, nonostante fosse al governo ben accompagnato.
A questi temi, non secondari, si è aggiunta la proposta del confronto a due (Meloni – Schlein) che, pur ovviamente naufragato, è rimasto nella immagine collettiva come riferimento della politica nazionale. La costruzione di questo scenario può darsi che sia stato un caso, ma a noi piace pensare che sia stata “finissima politica”.
L’esito? L’espulsione di Giuseppe Conte dai giochi e il “nuovo bipolarismo personale”, che è indipendente dai reciproci iscritti e dagli stati maggiori. Allora, che senso avrebbe sostenere che il PD e FdI sono i vincitori?
I vincitori sono Meloni e Schlein.
L’elettorato si è, infatti, subito adeguato, “polarizzando” i propri voti e ignorando tutto il resto. Di questa polarizzazione hanno beneficiato entrambi: la Meloni, che ha rafforzato la propria posizione e quella del governo; la Schlein, la più sorpresa, che ha accresciuti i propri consensi.
Il penalizzato? Ovviamente il M5S che, rispetto alle europee del 2019, ha perduto ben 8 punti; Dove sono andati a finire questi 8 punti?
La risposta non è difficile considerando la natura “sinistroide” del Movimento: sono andati al PD e a AVS, che hanno accolto entusiasticamente questo afflusso inaspettato di voti.
L’errore che non dovrebbero fare queste due formazioni è il pensare che il successo sia dovuto alle loro politiche perché, in questo caso, potrebbero fare dele scelte irrimediabili. Se questa visione è plausibile, allora la vera vincitrice di questa tornata elettorale è il Presidente del Consiglio, Meloni.
Ci sono ben cinque motivi che giustificano questa interpretazione.
Il primo l’aver pulito il panorama politico italiano con la identificazione di una sola opposizione;
il secondo è che la Meloni ha potuto mostrare che la “luna di miele” del suo governo, con la opinione pubblica, non è finita ma si è consolidata, fatto più unico che raro;
il terzo è che si è dissolto il “campo largo” e, pertanto, non essendoci più alibi per l’opposizione, si assegnano piene responsabilità alla politica del PD che appare non disporre, finora, di un disegno prospettico credibile, così come è abbarbicata a obsoleti e noiosi luoghi comuni;
il quarto è che, avendo tenuto Lega e FI, la comunità governativa diviene molto più stabile, coesa, efficace: un tetragono;
il quinto è l’aver assorbito consensi dall’area “moderata”, quella dell’ex Terzo Polo (Azione, Italia Viva, +Europa e vari ammennicoli), tanto che Stefania Craxi non si risparmia nel sostenere: “Noi siamo lo spazio moderato e riformista”.
Nel frattempo, la Marine Le Pen, fra gli altri, ha dato una mano non indifferente nell’affossare Emmanuel Macron, leader, in Europa, della equivoca “area liberale”.
La Meloni è stata molto saggia nel “non vantarsi” del successo mortificando gli alleati, ma nel vantarsi “tutti insieme”.
Ha detto: “sono orgogliosa di FdI primo partito non solo della coalizione ma anche del risultato di Forza Italia e della Lega”; “La maggioranza di governo, che cresce insieme, in un concerto dove ognuno, per dirla come il maestro Muti, costruisce la sua parte in armonia”. “L’Italia, che presiede il G7 in Puglia, rappresenterà il governo più forte in Europa”.
Questo atteggiamento la ripagherà: anche qui è in vantaggio sulla Schlein che è cresciuta ma a scapito della coalizione di attori del “campo largo”.
La Schlein ha un compito difficile: evitare che il PD si radicalizzi perché, nonostante rimanga in sella, non sarà perdonata dai catto comunisti.
Il clima nel PD, tuttavia, è cambiato ma è necessario che non alimenti illusioni che non sono alla sua portata.
Ora, la Meloni si deve giocare la carta del G7 mentre in Europa tutti, che già si sono espressi, appaiono in trepida attesa di cosa farà con la Ursula.
La sfida non è politicamente semplice.
Antonio Vox