Il DFAE, Dipartimento federale degli affari esteri della Svizzera, organizza, per il 15 e 16 giugno prossimo, una Conferenza di Pace sulla Ucraina (dicono, di alto livello) sul Bürgenstock, monte sul lago di Lucerna, in Canton Nidvaldo.
E’ stata una richiesta di Zelensky quando si è recato a Berna, il 15 gennaio 2024, per discutere di una pace “globale, giusta e duratura” in Ucraina.
Ben 160 sono le delegazioni invitate: Paesi del G7, del G20, dei BRICS, della EU, di altri Continenti; oltre che l’ONU, l’OSCE, il Consiglio d’Europa (quello dei Capi di Stato europei), il Vaticano e il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli.
Non c’è che dire: la più ampia partecipazione possibile.
Per ora, la Russia non è stata invitata; sembra su insistenza di Zelensky.
Infatti, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, come d’abitudine, ha posto dei paletti pregiudiziali: ha escluso un invito al Cremlino, ha sottolineato l’importanza della partecipazione di Xi Jinping e di Joe Biden, ha confermato che le proposte di tregua del Cremlino non possono essere prese in considerazione e che eventuali colloqui di pace potranno iniziare solo dopo il ritiro delle truppe russe dal Donbass e dalla Crimea.
Se, da un lato, la Svizzera neutrale, secondo le convenzioni dell’AIA del 1907, condanna fermamente l’aggressione della Russia all’Ucraina; dall’altro, è convinta che la Russia debba essere coinvolta perché non avrebbe senso un processo di pace senza la presenza congiunta dei Paesi belligeranti.
Il coinvolgimento della Svizzera, nella ricerca di una soluzione pacifica per l’Ucraina, mostra il ruolo internazionale della Confederazione nella ricerca di itinerari per giungere alla cessazione dei conflitti. La Svizzera è, inoltre, impegnata nel perseguire i crimini di diritto internazionale, come i crimini di guerra o il crimine di aggressione, nonché nel ricercare e identificare le persone scomparse.
La Svizzera ha sostenuto la popolazione ucraina all’estero con un totale di circa 3 miliardi di franchi ed ha già stanziato, per questo scopo, altri 425 milioni di franchi; ne stanzierà 150 milioni nel 2024 e ulteriori 1,5 miliardi di franchi nel periodo 2025-2028 per la ricostruzione.
Ma ora, si trova in grande imbarazzo.
I paletti Zelensky hanno ottenuto un primo ovvio risultato: la Russia, non invitata, ha commentato inutile e senza senso ogni tentativo di discutere di pace senza uno dei belligeranti.
Sembra proprio che la Conferenza, più che incontro per la pace, sia un ulteriore tentativo strategico, di una parte, per rafforzare la propria posizione internazionale al fine della polarizzazione del conflitto; e l’altra parte risponde in maniera analoga. Infatti, un colpo mortale alla Conferenza è stato inferto dalla Cina che
ha ufficialmente annunciato la propria assenza in ragione “della mancanza di una partecipazione paritaria di tutte le parti coinvolte dichiarando che solo attraverso il coinvolgimento di tutte le parti sarà possibile raggiungere una soluzione politica duratura”.
L’assenza della Cina non fa che confermare la polarizzazione del conflitto a livello mondiale mentre il dispiegamento di missili a corto e medio raggio ha cominciato il suo temibile iter.
Sul versante della guerra in Palestina, intanto, si spende Biden che ha dichiarato che “questa guerra deve finire”, a dimostrazione che questa guerra gli dà molto fastidio.
E ha annunciato: “Se Hamas manterrà i suoi impegni la tregua diventerà permanente”.
La road map della pace si svilupperà in tre fasi.
L’eventuale accordo, infatti, si compone di tre fasi e sembra che sia stato concordato con Israele che però frena.
La prima fase ha una durata di sei settimane e include il cessate il fuoco totale, il ritiro delle forze israeliane da tutte le aree popolate di Gaza, il rilascio di un certo numero di ostaggi in cambio del rilascio di centinaia di prigionieri palestinesi, il rilascio degli ostaggi americani, la restituzione in parte dei corpi degli ostaggi uccisi”.
Durante la prima fase, Israele e Hamas “negozieranno gli accordi necessari per arrivare alla fase due, che è la cessazione permanente delle ostilità, il ritorno dei civili palestinesi nelle loro case in tutte le aree di Gaza, 600 camion al giorno di aiuti umanitari, il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani ancora in vita, compresi i soldati maschi, il ritiro totale delle forze israeliane.
Infine, la terza fase, la ricostruzione di Gaza e la restituzione di tutti gli israeliani uccisi.
Hamas “valuta positivamente” la proposta “che chiede un cessate il fuoco permanente e il ritiro dell’occupazione israeliana dalla Striscia di Gaza”.
Così cita ‘Al Jazeera’.
Ben poca cosa … e molti sono i dubbi. Ma vedremo cosa succederà.
Pesa, tuttavia, la consapevolezza che decine di Paesi, tra cui Israele, Stati Uniti, Unione Europea e Regno Unito, hanno dichiarato Hamas come organizzazione terroristica, almeno riguardo alla sua ala militare.
Come può uno Stato, considerato democratico, come Israele scendere a patti con una organizzazione che lo stesso Israele considera terroristica?
Noi ci domandiamo: ma che tipo di guerre sono queste se sembra non esistere nemmeno la speranza di pace?
Antonio Vox