Anche le Elezioni Regionali 2023 del Friuli-Venezia Giulia sono archiviate. Ricordiamo che la Regione è una di quelle, insieme a Sardegna, Sicilia, Trentino-Alto Adige e Valle d’Aosta, che gode di autonomia a statuto speciale.
1,082 mln di cittadini, pari a circa il 90% della popolazione (1,215 mln) ha diritto al voto. Piccoli numeri, in verità, ma la punta dell’iceberg già dice tutto pur essendo una piccola frazione della massa totale. Infatti, cosa hanno detto i friulani e i giuliani con il loro voto del 2 e 3 aprile? Perbacco. Quasi 600.000 (il 54,73%) hanno scelto di tacere: l’affluenza è stata solo del 45,27% rispetto al 49,61% della tornata elettorale del 2018. Cioè, l’affluenza è scesa di ben 4,34 punti. È indubbio che ci sia un vero e concreto problema di crisi della democrazia!
Senza neanche leggere i risultatti elettorali, è chiarissimo che il cittadino elettore, entrato nella “bottega della politica”, ormai, non trova più nulla da comprare e ne esce deluso (1 acquirente su 2). Di questo passo, va a finire che, nella bottega della politica, non ci entrerà più nessuno e il cittadino si orienterà verso “altre botteghe”. Sembra che, in gran parte, già lo stia facendo all’insegna del “si salvi chi può”, navigando a vista nel caos che ne deriva.
Il dilagare della corruzione e della degenerazione sociale lo testimonia. Sul fronte del sistema partitico, invece, che succede?
A parole tutti i partiti si dispiacciono di questo incredibile astensionismo ma, nei fatti, nessuna iniziativa viene prospettata. Anzi, sembra che tutti ne siano contenti perché, all’aumentare dell’astensionismo, al diminuire dei votanti, restando stabile il numero degli ostinati simpatizzanti, le percentuali di consenso aumentano anche se virtualmente: con pochi voti si riesce a occupare una poltrona.
Allora, ecco che si innesta, nel sistema partitico, la corsa all’accaparramento di “portatori di consenso” e di “noti al pubblico” anche se questi non hanno nulla da dire al Paese: fare una lista di tanti di questi esempi, non è un problema, come tutti sanno.
Ma arriviamo ai risultati elettorali.
Massimiliano Fedriga, Centrodestra, sostenuto da FdI, Forza Italia e Lega, vince le elezioni, primo in classifica, con il 64,24%.
Massimo Moretuzzo, Centrosinistra, sostenuto da Pd, M5S, Alleanza Verdi Sinistra e da liste civiche, si colloca al 28,37%, meno della metà dal primo.
Alessandro Maram, Terzo Polo, sostenuto da Italia viva, Azione, LDE, +Europa, e Renew Europe, in forma di partito unico, si colloca al 2,73% non superando la soglia di sbarramento del 4%: nessuno in consiglio regionale.
Giorgia Tripoli, “area del dissenso e dei NoVax, sostenuta da Insieme
Liberi, si colloca al 4,66 e supera la soglia di sbarramento.
Quindi la Regione Friuli-Venezia Giulia si aggiunge alla Lombardia e al Lazio: 15 Regioni al CDx e 5 al CSx (Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Puglia Valle d’Aosta). Tutto sommato, era quanto atteso e previsto nei sondaggi. Fedriga ha accumulato un consenso personale del 17,77% (dicono che abbia amministrato con equilibrio) e il Centrodestra è ancora nella scia del successo delle politiche con l’altalena, nei consensi percentuali, dei partiti della coalizione.
Vedremo quanto durerà lo stato di grazia prima che i 12 mln di voti in libera uscita che hanno premiato, in sequenza, FI di Berlusconi, il PD di Renzi, il M5S di Grillo, la Lega di Salvini, ed ora FdI di Meloni escano in cerca di “ossigeno politico”. Il pericolo è che le opzioni siano finite e le valvole di sfogo esaurite.
Però, non è del tutto vero che non ci siano state, con la competizione elettorale del FVG, “nuovi prodotti politici”. Infatti, si possono citare ben 3 nuove offerte:
1. Il PD di Schlein e l’alleanza con il M5S;
2. Il Terzo Polo;
3. L’Area del Dissenso e dei NoVax.
Come hanno accolto friulani e giuliani questi “nuovi prodotti politici”?
Per quanto riguarda la prima offerta:
Il PD ha raccolto il 16,49% rispetto al 26,84% del 2018.
Il M5S ha raccolto il 2,4% rispetto al 11,67% del 2018.
Parlare di disastro è poco: è stata bocciata la linea Schlein, il M5S, la loro alleanza. In sostanza il nuovo prodotto non piace perché nemmeno le liste civiche hanno giovato alla causa pur contribuendo con un sostanzioso 7,45%.
La Serracchiani ha detto “Massimo Moretuzzo è riuscito in condizioni difficili a tenere unita la coalizione di centrosinistra … la campagna elettorale … noi abbiamo giocato in una posizione più difficile”. Due concetti pericolosissimi: il caos nel Centrosinistra e il potere dato dalla gestione dei budget per vincere le elezioni. La Serracchiani si riferisce forse al “voto di scambio”? Sembra proprio di sì dato che le difficoltà di Moretuzzo sono state sottolineate anche da Stefano Patuanelli (M5S); ma è Luca Sut (M5S) che chiarisce: “Fedriga, grazie alle risorse messe a disposizione dagli ultimi governi e soprattutto dal PNRR ha potuto distribuire a pioggia molte risorse che lo hanno avvantaggiato dal punto di vista del consenso elettorale …”.
Visto che idea hanno dell’uso delle risorse pubbliche?
Ecco “la politica della relazione” che non vorremmo mai sentire, ma che è, tuttavia, dominante. Ecco la causa vera dell’astensionismo.
Ma dove è “l’effetto-Schlein” se la frase che gira nel PD, a detta del Corriere, è “Paghiamo il fatto che il nostro candidato Moretuzzo non era molto conosciuto”? Sembra che, secondo loro, un Fedez avrebbe vinto, in barba alla politica! La barricadiera Elly, che il salumiere astensionista sotto casa, vede come proveniente da un mondo privilegiato e tutta protesa verso i sacrosanti diritti della comunità LGBTQ+ (il 2,7% della popolazione, secondo un sondaggio OCSE da prendere con le pinze) non convince.
Il M5S, d’altro canto, appare proiettato verso un declino inarrestabile. Sulla seconda proposta, il Terzo Polo del partito unico ha certificato la sua inesistenza a livello territoriale, sorpassato anche dal “partito del dissenso e del NoVax”. L’aver presentato un simbolo “personalizzato”, dedicato a Carlo Calenda, non ha certamente giovato perché anche il leader di “Azione” è visto, dal solito salumiere, come proveniente da un mondo privilegiato: la sua politica tutta europeista e atlantista appare molto lontana dai problemi reali della gente.
Grave è la sua posizione di colpevolizzare l’elettorato, espressa in occasione delle elezioni nel Lazio e in Lombardia, e confermata oggi quando dice, nel sottolineare anche lui le difficoltà della campagna elettorale: “Le elezioni Regionali, per un partito di centro, sono il peggio che può capitare perché la gente tende a votare da un lato o dall’altro. Questo è un grosso problema dell’Italia”.
Questa Italia non gli piace perché non lo vota. Strano che non si chieda, invece, se la sua proposta politica soddisfi l’elettore. Sembra che nessuno si sia accorto che, mentre si diffonde la povertà e dilaga la crisi della classe media, corrispondentemente aumenta il numero di chi diserta le urne.
Ma che vogliono questi “noiosi” cittadini elettori? Perché cresce l’astensionismo? La risposta è essere semplice, mentre appare difficilissimo il porre rimedio.
Ebbene, il Paese vuole la Politica della crescita economica e dello sviluppo della società civile. La cui sola esistenza eliminerebbe la “politica della relazione”, la corruzione, la degenerazione della società. Ripristinerebbe il profumo dei valori morali e l’etica dei comportamenti.
Garantirebbe la prospettiva di un futuro e l’entusiasmo del domani. Oggi, invece, si viaggia a vista e per opportunità contingente. Ma, cari amici, non siamo ancora morti: siamo ancora capaci di reagire!
Antonio Vox