Il Corriere della Sera, il 19 gennaio, ha intervistato Giuseppe De Rita, fondatore e presidente del Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) in relazione all’annuale e recente pubblicazione (7 dicembre 2020) del “Rapporto sulla Situazione Sociale del Paese”.
Ho collaborato con Giuseppe De Rita quando, fresco di nomina dirigenziale, avevo il compito di studiare i “sistemi territoriali economico sociali”. Ne ho sempre apprezzato le lucide analisi delle dinamiche sociali del Paese Italia, rimanendo sempre sorpreso della sua straordinaria capacità di scegliere il punto di vista che risultava sempre efficace e, soprattutto, inedito.
In questa sua intervista, De Rita non tradisce la sua eccezionale capacità osservativa e deduttiva.
Dice De Rita nell’intervista, con una signorile ma ferma critica al glossario politico:
“In questa drammatica condizione, il nostro Paese non può̀ restare intrappolato in parole tanto rassicuranti quanto povere di significato, utili a enfatizzare un impegno generico di programmazione, ma difficilmente capaci di riconnettere la società̀ in un partecipe desiderio di ricostruzione: la resilienza, la mobilità sostenibile, la digitalizzazione dell’azione amministrativa, la rete unica ultraveloce, l’economia verde, l’investimento sui giovani”.
E aggiunge: “Tre pericoli incombono nella mente degli italiani in questo inverno un po’ cupo: vivere in trance, entrare in letargo, adattarsi a vivere in una bolla di istituzione totale”.
Sintesi perfetta ed efficace che mi ha richiamato alla memoria l’aneddoto, raccontato dallo stesso De Rita, il 7.12.2016, ospite della trasmissione “Roma InConTra” di Enrico Cisnetto su di un dibattito a distanza fra due colossi della politica: Moro e Andreotti.
Scriveva Moro, sulla rivista “Progetto” che il compito della Politica è quello di indicare la via prospettica della dinamica socioeconomica del Paese, sulla base di una progettualità del futuro; rispondeva Andreotti sulla sua rivista “Concretezza” che, invece, la Politica doveva dare al popolo quello che voleva: solo così si sarebbe ottenuto il consenso.
Due visioni diametralmente opposte.
La prima ha bisogno di cultura, competenza, attitudini; la seconda appare essere il seme del populismo.
Sembra proprio che abbia vinto la seconda e gli effetti si vedono: l’annichilimento della identità. Forse bisognerebbe reagire con fermezza.
Antonio Vox – Presidente “Alleanza Liberale”