Antonio Voxbiden, guerra ucraina, putin, Zelensky
Più passa il tempo e più l’opinione pubblica occidentale, dopo una iniziale e compatta condanna della invasione, comincia a farsi domande non tanto peregrine: perché questa guerra incredibile e inattesa è scoppiata? Fra l’altro, la sensazione è che la si voglia portare molto per le lunghe.
Come mai Paesi e popoli che vivevano in pace, dediti a scambi culturali, turistici e commerciali sempre più intensi, improvvisamente si rivelano tanto antagonisti da aver dimenticato le buone maniere? Un calcio alla diplomazia, in tutti i sensi; il tutto drogato da uno ricco condimento di ipocrisia e di comunicazione partigiana.
Ad esempio, invoca un tavolo di trattativa con Putin, salvo chiedere che venga processato secondo il rito di Norimberga e aggiunge: “L’Europa deve capire che non c’è alternativa alla coalizione anti-Putin”; e ancora: “L’intera Europa è un obiettivo per la Russia” mentre esprime angoscia per l’uso russo di armi chimiche e biologiche. Parole che non vanno, certo, verso la direzione di favorire un sia pur minimo accordo.
Dall’altro canto Biden continua a scagliarsi contro Putin, incappando, come è suo solito, in pericolose gaffe diplomatiche facendo trasparire un profondo odio “di pancia”.
Una frattura così profonda, un terremoto così violento non può che significare che le tensioni si andavano accumulando. Ma quali tensioni?
Non certo quelle fra i popoli, esterrefatti e vittime.
Non possiamo evitare di pensare che siano tensioni inconfessabili di politiche di “globalizzazione”, quelle che si nascondono sotto le coperte; il gran cancan che gli USA stanno creando nel mondo lo dimostra.
Così pensiamo che questa guerra abbia due alternative: o finisce senza un nulla di fatto; ovvero finisce con un diverso assetto delle influenze mondiali.
Il guaio di questa guerra non appare localizzato. Infatti, il Papa dice: “Nell’attuale guerra in Ucraina assistiamo all’impotenza dell’Organizzazione delle Nazioni Unite”.
È la certificazione della inutilità della istituzione geopolitica, costosissima, usata solo come alibi per interventi economici e militari, di solito discutibili.
In Italia si usa spesso il refrain “l’ha detto l’Europa!”. Qui, “l’ha detto L’ONU!”.
Il mondo sembra impazzito. Alcune amicizie, che sarebbero state veramente utili per la pace, sono rotte, definitivamente. Basti ricordare la “delusione” di Berlusconi verso Putin; basti ricordare il commento della portavoce del ministro degli esteri russo Maria Zakharova che definisce la posizione italiana “indecente” mentre aggiunge: “Questa non è più l’Unione europea. Ora è semplicemente un dipartimento della Nato che si occupa delle relazioni economiche e commerciali”.
Intanto la UE, proiettata in stato di guerra, incapace di costruire gli Stati Uniti d’Europa per diventare una potenza autonoma indipendente ed ascoltata, cerca disperatamente di varare un piano di autonomia energetica, a cominciare dalla sacrosanta diversificazione delle forniture. Fra i progetti c’è il gasdotto EastMed, operativo in un triennio, per trasportare il gas naturale dal Mediterraneo orientale all’Europa (circa 10 miliardi di metri cubi di gas naturale, a basso costo, il 10-15% del fabbisogno futuro). Ma gli USA sono contrari: è troppo costoso; sarà in ritardo.
Ma che vogliono gli USA? Perché si impicciano? E, intanto, l’emissario USA, Nuland, corre a incontrare, Nicos Anastasiades, il presidente dell’isola di Cipro, tappa essenziale del futuro gasdotto.
Pare proprio che, per gli USA, l’indipendenza energetica europea sia un obiettivo da non raggiungere.
Sembra che l’obiettivo del rancoroso Occidente sia cancellare ogni rapporto con la Russia.
Ma, cosa significa, ora, fare a meno del gas russo, certo possibile nel medio lungo periodo, ma non oggi? Significa danneggiare pesantemente, in modo permanente, il nostro sistema industriale, causando recessione, depressione, disoccupazione e miseria.
In pochi mesi, saremo tutti poveri, disperati e randagi.
Infatti, la Banca d’Italia è stata definitiva: “sanzioni sul gas uguale recessione”; un vero e proprio disastro economico.
Sulla stessa linea Bonomi, presidente della Confindustria: “Stanno guidando l’Italia al disastro economico… una vera e propria guerra dichiarata al proprio sistema economico che, se il governo non cambierà nettamente rotta… rischia di non lasciare che macerie, povertà e disoccupazione”.
Praticamente è in chiusura la metà delle aziende italiane: il che significa licenziamento di dipendenti; gettito fiscale ai minimi termini; tasse alle stelle per la folle gestione della “rivoluzione verde”: il boomerang delle sanzioni alla Russia ci porta la morte economica.
Ma l’eccellente Draghi, sostenuto da un Parlamento ignorante e inerte, va dritto per la sua strada, insensibile ai drammi della economia reale e della società civile.
Il nostro Draghi è un falco e ha preso in mano la guerra; ha rivelato la sua vera natura e professionalità al servizio non del Paese ma del sistema finanziario.
Appare, infatti, sul Financial Times, un articolo dal titolo “La militarizzazione della finanza: come l’Occidente ha scatenato uno shock and awe sulla Russia”, che cita come, durante un vertice d’emergenza, Draghi abbia sollecitato e indicato che “le riserve valutarie della Russia potevano essere utilizzate per attutire il colpo di altre sanzioni”. Ed ecco che sanzionare la Russia, bloccando le riserve valutarie all’estero della sua Banca Centrale, è stato un tutt’uno. Come scrive il Financial Times è stato lanciato “uno shock and awe sulla Russia”, all’ultimo minuto, per sorprendere Mosca. Congelare $ 643 mld di riserve in valuta estera di Mosca è dichiarare guerra finanziaria mondiale (terza guerra mondiale) perché stare fuori dal sistema finanziario americano, basato sulla globalizzazione del dollaro, significa bloccare gli affari di un Paese.
E, incredibilmente, l’Italia è in prima linea, in stato di emergenza di guerra!
Viene il dubbio che questa sia la causa prima delle tensioni internazionali: scalzare il dollaro come moneta di scambio globale.
Questa ipotesi giustificherebbe la virulenza del conflitto e la impossibilitò della pace: gli USA e il mondo occidentale non desiderano la pace ma la morte dell’avversario, costi quel che costi.
L’ipotesi giustificherebbe anche la determinazione del mondo anglosassone e dei suoi centri finanziari (Wall Street di New York e la City di Londra) mostrata dall’attivismo di Boris Johnson, la astensione prudente e interessata di India e Cina, la irrituale irruenza verbale di Biden verso il suo omologo Putin.
Ma non mancano anche risvolti di ampio “business individuale” e di comportamenti umani degenerati che sembra essere contenuti nel laptop di Hunter Biden, come riportato dal Daily Mail, che tracciano un percorso pericolosissimo per la famiglia Biden.
Intanto, a dimostrazione che la pace sia molto lontana, se non impossibile, nasce l’ipotesi di un esercito permanente Nato ai confini dell’Europa: la diplomazia in soffitta, la pace diventa una chimera, la Russia classificata come “eterno nemico”. Questa ipotesi è stata prospettata dal segretario generale Jens Stoltenberg in una sua intervista rilasciata al Daily Telegraph.
Sembra che si stia costruendo il famoso muro di Berlino, alla rovescia, per creare una gabbia.
Ma chi ha bisogno di un “eterno nemico”?
Il sospetto, insistentemente diffuso da Zelensky, che la Russia possa pensare a non fermarsi e a invadere l’Europa, francamente, sembra essere una trovata pubblicitaria per intimorire le masse: la Russia non ha né le strutture militari, né le competenze, per affrontare un conflitto armato con l’Occidente.
Infatti, sarebbe come scatenare la terza guerra mondiale, guerreggiata con le armi nucleari.
Il nostro futuro non è roseo. È obbligatorio mandare a casa i falchi.
Antonio Vox – Presidente “Sistema Paese – Economia Reale & Società Civile”